lunedì 21 aprile 2008

Nazionalismi


Tempi duri per la comunità internazionale qui a Pechino. Non che io me la passi male per ora, tutt'altro: mi basta fare un giro nelle zone più gettonate dalle mandrie di turisti occidentali per constatare che la "benevolenza" del venditore cinese non viene mai meno, neppure in circostanze particolari come queste.

Da quando la fiaccola olimpica ha "vacillato" in quel di Parigi, da queste parti si è alzato infatti un polverone diplomatico dagli effetti imprevedibili. La stampa italiana sembra ignorare completamente la vicenda, incentrando giustamente l'attenzione sul più importante vincitore dell'edizione del Grande Fratello e sulle notti brave di certa gente che sulla voce "Professione" della carta di identità c'ha scritto "tronista".. (ma che cazz!?#@?&!!).
Dicevo, mentre i giornali italiani affogano nella noiosa mediocrità nazionale, da tutt'altra parte di mondo la Cina non ha ancora chiuso le recenti faccende diplomatiche in sospeso.

Tutta colpa della Francia, a quanto pare, che non ha saputo proteggere il Sacro Fuoco Olimpico. O almeno questa è la teoria predominante avanzata negli ultimi giorni dall'opinione pubblica più nazionalista del Paese.
La Cina, offesa e denigrata dalle indignate coscienze di cartapesta di mezzo mondo, è finalmente passata all'attacco, sparando a zero sui media internazionali per aver gestito male le notizie provenienti dal Tibet. Ma c'è dell'altro.
Dopo gli eventi che hanno sconvolto Lhasa e il successivo "incidente" parigino, infatti, organi di informazione, siti internet e semplici blogger - cinesi - hanno preso di mira la Francia (e tutto l'occidente più in generale) per l'ostilità dimostrata nelle dichiarazioni di boicottaggio del presidente Sarkozy, per la "mancata difesa della Fiaccola" e per le accuse rivolte all'operato del Governo che ancora piombano dalle associazioni freemiocuggino-friendly di tutto il mondo.

Manifestazioni di protesta più o meno spontanee inneggianti (anche) al boicottaggio commerciale sono avvenute ed avvengono tutt'ora in numerose città del Paese, davanti a sedi diplomatiche e culturali francesi e ad attività commerciali dai nomi "ambigui", primi fra tutti i negozi della catena di supermercati Carrefour. Alcuni ignari hanno invece scassinato un negozio della pseudo-panetteria koreana Tous Les Jours. Su quest'ultima notizia ci si può fare una risata. Per la faccenda del Carrefour, se tutto corrisponde, mi risparmierò un bel quarto d'ora di fila alle casse la prossima volta che ci andrò a fare la spesa.

Questa caccia alle streghe nei confronti dello straniero è - per molti aspetti - ben vista dal Governo cinese, che vede in questa rinnovata spinta nazionalista un'ulteriore motivo di coesione del Paese.
Da quasi-spettatore (italiano) osservo con attenzione l'evolversi dei fatti, facendo considerazioni a caldo sulla maturità di una cultura, sulla malleabilità dell'opinione pubblica e sulla repentinità dei cambiamenti. Blogger e internauti si sfogano in ogni modo sull'evolversi dei fatti, in un dibattito a senso unico non disdegnato dal Governo. Mi stupisce la facilità con cui ci si può mettere contro un quinto della popolazione mondiale, molto spesso senza neppure aver aperto bocca, molto spesso senza nemmeno condividere certe scelte.
Scelte che fanno i leader ma che poi pagano i popoli.

Onestamente, sono un pò stanco di questi eccessi da una parte e dall'altra, con le accuse da discorsi al bar e le ripicche da prima elementare.

Da "terra della libertà" che davvero era (almeno) per gli stranieri, la Pechino di oggi si sta rapidamente trasformando in una trappola dalla molla facile. Retate e arresti nei quartieri del divertimento, controlli più intensi, più polizia militare in giro, zone off-limits per stranieri, incursioni nei vari appartamenti degli studenti stranieri e arresti, limitazioni nell'estensione e nel rilascio dei visti, boicottaggi commerciali.
Poi ancora, sabato scorso vedo sul cellulare di un'amica mia francese un sms (da chi, non saprei) in cui le viene consigliato di fare attenzione a "frange violente" di manifestanti cinesi e poliziotti armati fuori controllo (?) potenzialmente pericolosi.
Non so quanto durerà ancora questa storia contro gli occidentali, buona parte dei cinesi è molto attaccata alla propria bandiera e le offese che le sono state mosse in questi giorni le stiamo pagando (in qualche modo) noi ora.

Al di là di tutto mi viene da riflettere sul fatto che i cinesi, al Governo, non hanno mica gente
che si permetterebbe di bruciare la bandiera nazionale o anche "solo" di volercisi pulire il culo..

Si, lo so, sto invidiando una dittatura, ma sarò grave io, o state messi peggio voi?


Se chiedessi a tutti i miei cinesi di battere un piede a terra allo stesso tempo, l'altra parte del mondo passerebbe un gran brutto momento
Mao Zedong

- E’ un mondo spietato figliolo! Bisogna tener duro fino a quando passerà questa mania della pace”

- “Signorsì, Signore”
Full Metal Jacket

venerdì 18 aprile 2008

Primavera

Tira aria di primavera quì a Pechino, forse anche troppo. Tra tempeste di sabbia, polline e inquinamento, proprio non riesco ad immedesimarmi in un mondo che sta per "sbocciare". Ma io ho finalmente acquistato la mia nuova bici e per qualche giorno ancora me ne fregherò di tutto questo!
Prima tappa, Gulou Dajie - casa, un'oretta buona di pedalate passata a perdermi nei meandri del terzo anello. Non esattamente una passeggiata di "salute", mi rimangio tutto quello che ho detto a proposito dell'aria pulita!

Dell'altra bici me ne sbarazzerò al più presto, sono in vena di opere buone e c'è sempre qualcuno che cerca un catorcio su cui imprecare!




Si, lo so, è da cretini comprarne una ora, ma costano così poco quà e non ho nemmeno voluto tirare più di tanto il prezzo.
Spero solo di poter trovare un modo di spedirla in Italia (sempre che non me la rùbino come hanno fatto con l'altra). E' proprio figo piegarla a metà, fermare un taxi, e caricarla per tornare a casa quando sei stanco!

p.s. mascherina antismog/antipolline: 4 kuai (40 centesimi di euro). Comprata!

Nella foto: la mia nuova bici. Shoko mi ha già freddato dicendomi che la mia bici è una copia di un più celebre marchio giapponese a me sconosciuto. Cribbio! Cambiano due lettere alla fine, ma finchè gli italiani non impareranno a leggere l'hiragana non ci sarà modo di farmi notare lo strafalcione!

martedì 8 aprile 2008

La Repubblica delle Banane 意大利香蕉共和国

Gentile signore, purtroppo la Legge 459/2001 non consente ai non iscritti AIRE di poter esercitare il diritto di voto all'estero.
Distinti saluti

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addetto affari consolari e sociali



"
Almeno ci provo" ho pensato qualche settimana fà dopo aver mandato un'email all'ambasciata italiana di Pechino in cui chiedevo, molto ma molto ingenuamente, le modalità di voto per chi come me, fosse residente all'estero in qualità di studente.

Niente da fare, per votare occorre "trovarsi" in Italia o risultare iscritti all'AIRE (l'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero) e a quanto pare il mio limbo non rientra in nessuna delle due ipotesi. Per far parte di quest'ultima bisogna infatti dimostrare di lavorare e risiedere effettivamente all'estero: una faccenda piuttosto complicata per qualche decina di migliaia di studenti (e non solo) che - come me - sono sparsi per il mondo ed hanno la gran fortuna di evitare l'atmosfera catodica italiana, basando invece le proprie opinioni (o le scelte di voto) su ciò che leggono da internet, su ciò che vedono scritto nei giornali online, su come ci vedono gli stranieri dall'estero. Guardando all'Italia con altri occhi.

Nel futuro che vent'anni fa immaginavamo con le auto volanti, io non posso recarmi normalmente presso la mia ambasciata e dare la mia preferenza di voto. Ma non potrei pretendere di meglio: nel futuro delle auto volanti in Italia si vota ancora con la MATITA.
Magari è andata meglio così, stavolta ci avrei messo una vita a decidere cosa sarebbe stato meno peggio fare.

Mi turba il fatto che ormai, per votare, gli italiani (d'Italia) hanno bisogno di consultare le minchiate di un apparecchio elettronico fino a 24 ore prima dell'apertura delle urne. Davvero strana come cosa. Per non parlare del silenzio stampa, che pone un limite di tempo alla propaganda elettorale su radio e TV ignorando completamente che esiste un mezzo di comunicazione che se ne sbatte altamente i marroni di questi palettini burocratici.

Sarà per questo che gli italiani all'estero hanno già votato. Loro non hanno avuto bisogno dei vari Vespa o Mentana ad indicare loro il leader in cui credere, nè hanno dovuto seguire il blaterare di un candidato contro l'altro, in un continuo confronto fatto di balle mediatiche e sonnolenti colpi di scena. Gli italiani all'estero non hanno avuto bisogno di sentire le bisticciate di due buffoni che decidevano NON come salvare dal baratro questo Paese, bensì chi dei due avrebbe parlato per ultimo nel faccia-a-faccia televisivo.
Encroyable!!

A questo punto, Fratelli d'Italia, fate del vostro meglio!
Anzi, fate del vostro meno peggio!



p.s. Ma perchè si vota ancora con la matita?
p.p.s. ma lo sapevate che la Cina non è (esattamente) una dittatura? .. amo questo Paese!


Nella foto: "L'italiano medio" visto dal mio francese preferito! (sabato 12, serata tranquilla al Bed, [Zhangwang Hutong]  sfide a colpi di matita con Lionel..)

lunedì 7 aprile 2008

Magari sarò ripetitivo..


La torcia olimpica infiamma le capitali europee e dovunque sia previsto il suo passaggio, con schiere di manifestanti pronti a sabotare il simbolo di un evento che - a detta loro - non s'ha da fare.
Fatica sprecata, la CCTV continua a mostrare solo le accoglienze festose della folla in giro per il mondo e giusto la mia bravissima insegnante di cinese si limita a citare gli "incidenti di Lhasa" (spiegandoci che per motivi di sicurezza la fiaccola olimpica avrà un tragitto diverso rispetto a quello originale) per chiudere il cerchio su un argomento che nessuno - da queste parti - vuole che crei tensione.

Niente da aggiungere, a questo punto è così che deve andare ed è ridicolo vedere chi ancora oggi si ostina a remare contro queste Olimpiadi, incolpando la Cina per una situazione che si è creata nel corso degli anni e che è cresciuta grazie anche al silenzio del nostro caro Occidente.
Adesso anche il CIO invoca la Cina perché si riesca a trovare una soluzione pacifica alla situazione scaturita dagli incidenti di Lhasa ma di certo non sono stato io ad assegnarle la 29ma edizione dei giochi olimpici estivi.

Continuiamo a sbraitare, ad urlare "free Tibet", come se davvero - grazie alle Olimpiadi - questa faccenda possa trovare il modo di risolversi in tre mesi, e ad ogni occasione troviamo il modo di riproporre ed infarcire l'elenco dei problemi di un Paese uscito trent'anni fa da uno stato di povertà assoluta.
Mi consola il fatto che ai cinesi di tutto questo blaterare non gliene importa un fico secco, semmai sono infastiditi dal fatto che dall'altra parte del mondo c'è chi urla e mostra slogan per l'indipendenza di una provincia del loro Paese, in netto contrasto con la sua dogmatica unità nazionale. Come se ad un tratto i cinesi si mettessero ad urlare "Free Basilicata!!!". Ma che cazzo volete!?

In Cina c'è la pena di morte, è vero. In Cina non puoi fare più di un figlio, idem. In Cina c'è una dittatura oligarchica che decide per un miliardo e mezzo di persone, lo sappiamo. In Cina lo Stato reprime chi protesta (anche giustamente) per il bene della sicurezza nazionale. E allora?
Potrei continuare ad oltranza elencando squilibri sociali, misfatti e pregiudizi di un mondo entrato forzatamente a contatto con il nostro, ma per ognuna di queste accuse c'è una motivazione più o meno valida e so per certo che non è la pazzìa a far funzionare le cose in questa parte di mondo.

Cosa vogliamo ottenere dalla Cina?
Con quale faccia tosta ci permettiamo di giudicare un Paese come questo, le sue scelte, le sue decisioni, le sue ragioni?
Con quale coraggio ci immischiamo negli affari interni di un Paese che continuiamo a cullare e coccolare per i nostri interessi economici?
E' facile colpire a fondo la Cina quando ormai l'opinione pubblica l'ha messa all'angolo, accusarla con verità o leggende figlie di una politica che cerca di domare un passato travagliato e tutte le sue attuali conseguenze. Non siamo noi che dobbiamo dire a loro come dovrebbero governare, quali libertà dovrebbero concedere e quali "crudeltà" dovrebbero abolire. Non ne abbiamo la maturità per farlo.

L'ignoranza - si sa - è il peggiore dei mali dell'uomo e me ne rendo conto io stesso, guardando a come mi appariva la Cina dall'Italia e a come mi sembra ora, dopo sette mesi che ci vivo. Per questo devo (dovremmo) ringraziare mamma-TV e i mezzi di informazione "convenzionali", per avermi dato una visione così superficiale di un mondo che meriterebbe più attenzione di quanta gliene viene data attualmente.
A quasi tre anni dal mio primo viaggio in Cina mi rendo conto di quanto sia (ancora) facile cascare nel pregiudizio e giudicare questa cultura - ormai puttana e succube del nostro mondo - con la sfrontatezza tipica occidentale, senza aver capito la mentalità, aver incontrato persone, aver visitato luoghi o letto libri, (il tutto) a sufficienza, per poter aprire bocca. Per questo mi limito ad accettare che le cose vadano solo in questo modo.


Nella foto: AO-YUN-HUI (foto "inspiegabile" trovata in un giornale su un taxi)