sabato 31 maggio 2008

Atse あつ



Atse あつ (o "Azz") in giapponese vuol dire "scotta" o "molto caldo" ma evidentemente stamattina quando mi sono svegliato col mal di testa parlavo italiano..

Festicciola movimentata ieri sera al ristorante coreano, seguita dal delirio più assoluto in karaoke per salutare Chie che domani se ne ritorna in Giappone. Davvero una bella serata, non fosse che alla dodicesima bottiglia di Soju (distillato coreano a base di riso) che ordinava Myung-Su il mio orologio segnava appena le 8 e 33 minuti...


Nella foto: una bottiglia di Soju. Sullo sfondo, Myung-Su mescola il tutto con la Qingdao.. azz!


Link:
Shoko-san ci spiega come utilizzare correttamente la parola "Azz" in giapponese..

mercoledì 28 maggio 2008

Pékin Pékin..



Bella la Pechino universitaria, quella che non ti aspetti, sperduta a nord-ovest della Capitale in quel quartiere - Wudaokou - (fin troppo) pieno laowai che hanno trovato un modo per sentirsi a casa nonostante la distanza. Esattamente come me.
La fine della scuola è nell'aria, lo avverto nel caldo improvviso che è arrivato in città, nella noia delle lezioni, nei deliranti conti alla rovescia
olimpici.. E' così, un'atmosfera un pò nostalgica ma tutto sommato felice.

Mi sto preparando a lasciare un mondo che mi ha fatto da famiglia per quasi un anno, un "branco" di persone provenienti dall'Europa, dalle due Americhe e dalle due Coree, da Giappone, Mongolia, Unione Sovietica, Impero Ottomano, Indonesia (o parti di mondo ad esse attinenti)..
Sconosciuti, divenuti per circostanza (o per coincidenza) compagni di una birra, amici più o meno cari, persone di fiducia.. Occidente, Oriente, bianchi, gialli, neri, belli o brutti, tutto ha meno senso di ciò che è nei fatti, le nazioni non esistono, i confini sono pure invenzioni.
Alla faccia dei pregiudizi, delle differenze razziali, religiose, sociali, politiche, sessuali, che sembrano essere una faccenda così seria all'opposto di dove mi trovo io ora...





Nel frattempo, mi godo le ultime settimane che volano rapide più che mai, scandite da weekend orientali, tra interminabili cene giapponesi (asahi-yakitori-asahi-yakitori-asahi-miso-sake-sake-sake-sake-sake-sak....), serate al karaoke, pedalate notturne, spuntini di carne arrosto per la strada, massaggi (mas-sag-gi!), partite a badminton..
E soprattutto mi godo le belle serate a casa di Shoko, Diane e Suleyman: buchi di appartamenti riempiti, all'occorrenza, da una trentina di persone semi-sobrie (o semi-sbronze, ça depend..) che parlottano in due-tre lingue diverse mangiando - allo stesso tempo - sushi, pollo indonesiano, kebab, polpette russe, bruschetta, fonduta di formaggio svizzero e pennette alla siciliana. Tutto insieme. Tutti insieme.





E poi? Quando mi ricapiterà "nel mio mondo" di vivere quest'atmosfera in questo modo, con spensieratezza e curiosità, senza dar peso alla moda, al dover apparire, al giudizio delle persone, all'imbarazzo..??
Penso a quanta gente sparsa per il mondo potrò dire di aver conosciuto, a quanti contatti mi rimarranno ogni volta che dovrò andare in Giappone o in Kazakhstan (???), a come potrebbe essere ritrovarsi o rincontrarsi. Vedremo..
Ma intanto doso la tristezza a rate, il mio amico francese è già partito da un pezzo, ma per lui troverò certamente il tempo di passarlo a trovare in mezzo alle vigne di Bordeaux o nella sua città natale, in riva all'Oceano Indiano sull'isola della Reunion..



Nelle foto (in questo ordine):
Pechino,
quattro chiacchiere a cena davanti a piatti da mezzo mondo,
la cucina di Shoko dopo cena,
Shoko disperata dopo aver visto la sua stessa cucina,
Diane con in braccio Nuage.



Link:
Shokoのフォト

[Pékin Pékin 是法语的]

martedì 20 maggio 2008

Mondi paralleli


E' peggio di quel che sembrava. La sensazione è di aver sottovalutato una tragedia più grave del previsto. Da una settimana ormai in Cina non si parla d'altro: TV, radio, internet, tutti sono incentrati con gli stessi discorsi, le stesse informazioni, le stesse immagini sulla tragedia del terremoto di Wenchuan, nel Sichuan. Ma non poteva essere altrimenti. Un paese pronto alle Olimpiadi non dovrebbe avere tragedie da settantamila morti. Non è giusto.

Il ritorno economico di tanto sviluppo è nullo se poi non lo si restituisce in qualche modo alla comunità. Come chi fa la guerra a casa degli altri senza curare i propri malati. Come chi manda uomini nello spazio senza mandare a scuola i propri figli. Come chi passa ore in un salone di bellezza senza indossare la cintura di sicurezza quando poi viaggia in auto.
Non posso non pensare a questo quando poi mi trovo a vivere a Pechino, una città surreale appartenente allo stesso Paese, il perfetto opposto, impeccabile nei suoi particolari che vengono sistemati e ritoccati per adattarsi alle esigenze dell'uomo bianco occidentale. Ad ogni ora del giorno e della notte la città è un immenso, continuo cantiere che non dorme ma ripara, scava, costruisce.. inutilmente e senza sosta. Il vecchio che fa spazio al nuovo; il nuovo che rimpiazza il semi-nuovo.

Strade percorribilissime vengono riasfaltate con uno strato più nero, mattoni verdi e gialli dei marciapiedi sostituiscono altrettanti in buono stato solo perchè grigi e messi in posa qualche anno prima, chilometri di aiuole infiorate a cinque cerchi costeggiano gli anelli delle tangenziali urbane e non solo. E' per questo che si buttano al cesso (pardon, "spendono") soldi, risparmiandone altrettanti dove ce ne sarebbe bisogno: per vestire Pechino col migliore dei costumi, per creare l'illusione che tutto sia grandioso, eccezionale, speciale. E soprattutto, per creare una cornice degna di queste assillanti Olimpiadi, che chiunque ormai non vede l'ora che arrivino, che passino, che abbiano quel cazzo di augurato ritorno economico che gli sponsor si aspettano da anni.

Qualche migliaio di chilometri più in là invece molte strade sono ancora impercorribili, sbarrate dal fango delle frane e dalle macerie dei palazzi, sbriciolati come castelli di sabbia al sole. Di soldi per costruire case e scuole antisismiche non ce ne sono, magari ce ne sono stati qualche anno fà, ma li hanno utilizzati per realizzare soluzioni più economiche. Questo di certo la TV non lo dice.

E' angosciante vedere questo Paese cadere nel dramma di sè stesso, un terremoto ammazza migliaia e migliaia di persone esattamente come poteva accadere (anche dalle nostre parti) 50, 70, 100 anni fà.
Non è cambiato niente, non si è compreso niente, non si è badato a proteggere la gente, a costruire secondo una logica che di certo non è una novità da queste parti, a prevedere un futuro più sicuro, un Paese più sviluppato (se è questo che vuole dimostrare la Cina con il suo boom economico) per il proprio popolo - tutto - anche se questo non deve accogliere le Olimpiadi, anche se questo vive alla periferia di quell'universo che è la Capitale.

Alla TV rimbalzano in continuazione le immagini provenienti dalle zone del disastro, con un'invasività perfino irritante. La visita delle maggiori cariche dello Stato si alterna a servizi giornalistici più o meno "necessari" che raccontano notizie, fatti e storie non senza inseguire lo scoop a tutti i costi, le lacrime di una madre che ha appena perso il figlio, lo svenimento di un soccorritore mentre lo stavano intervistando, la morte in diretta di un sopravvissuto appena estratto dalle macerie, il tutto, infarcito da una triste melodia in sottofondo. In questo Paese la pornografia è severamente vietata ma in TV si vede passare davvero di tutto. Troppo.

Le case distrutte, i soccorritori che spostano a mano blocchi di cemento delle facciate dei palazzi, mattoni rossi non ancora frantumati, secchi di detriti, corpi interi o parti di essi. Uno ad uno, settantamila è una cifra spaventosa. Penso ai soccorritori, a quello che hanno potuto trovare, a cosa hanno visto i loro occhi, alla polvere che hanno respirato, alle grida della gente, l'aria nauseabonda dei corpi in putrefazione, il fumo di quelli bruciati, l'agitazione, i nervi saldi, il vomito che non trattieni alla visione di tanti cadaveri, la distruzione, la stanchezza, la rassegnazione e la disperazione. Penso a loro, a chi è sopravvissuto, a chi sopravviverà senza poter vedere, lavorare o camminare, ai bambini che hanno visto la morte in faccia all'improvviso, al loro futuro, al loro modo di vedere il mondo.

Penso a come potranno ricominciare a vivere, mi domando quando verranno dimenticate le immagini del terremoto, quando verranno portati via tutti i detriti che la memoria richiamerà subito a questi giorni. Di promesse e frasi forti ce ne sono state in abbondanza, uomini importanti si sono mescolati alla folla pronunciandole da un megafono: appelli all'unità nazionale, alla solidarietà, alla determinazione nell'andare avanti e a tutti i costi.
Ora più che mai la Cina è unita nella tragedia. Il pensiero maligno di una propaganda nazionalista mi sarà anche passato per la testa, ma probabilmente è di questo che la Cina ha bisogno in queste ore: più della fiamma olimpica che sta attraversando in questi giorni il Paese, più dell'avversione alla Francia e ai media occidentali predicata da folle di nazionalisti estremi, più dell'orgoglio che riunisce un miracolo economico (nel bene o nel male) sotto la stessa bandiera rossa, ora il collante di un miliardo e più di persone è la tragedia che ha portato con sè il violento terremoto.

19 maggio, ore 14.28 del pomeriggio, la Cina si ferma. Le sirene suonano in tutto il Paese per tre minuti consecutivi. Scuole, uffici, piazze, luoghi pubblici, tutto si ferma in segno di lutto.
Da Wenchuan a Pechino, da Shanghai ad Hong Kong e perfino fuori c'è qualcuno che ricorda piangendo le vittime del terremoto.
Per strada, la gente scende dalle proprie auto, in piedi, suona il clacson compostamente, senza pausa, per tre minuti. Un silenziosissimo baccano che mi fa dimenticare tutti i luoghi comuni, le frasi fatte e le accuse contro un Paese che noi occidentali riteniamo non sia in grado di svelare così tanta umanità.


Nella foto: distruzione in Sichuan (foto presa da questo sito)

venerdì 16 maggio 2008

吃惊



Nella foto: Shoko, Myung-Su ed Erik dopo aver ascoltato i miei discorsi sulla situazione politica italiana. A parte questo, molto buono il Fried Chicken Set al ristorante giapponese della scuola.

图片: 户田、明秀、谢荣根、听后我对意大利的政治局势。此外, 我们校园日本饭馆的炸鸡肉套餐很好吃。

lunedì 12 maggio 2008

Tranquilli, gli impianti stanno bene..

Giornata strana oggi, mi viene da pensare a quanto è grande il mondo, a quanto è grande la Cina e quanto è grande - ancora una volta - il superficialismo di chi fa informazione sulla Cina (dalla Cina).
Gente che non riesce a smuovere il culo da Pechino per cercare le informazioni là dove le si può trovare; gente che purtroppo guarda dalla finestra senza la volontà di fare un piccolo sforzo e poter mettere il naso fuori.


Oggi pomeriggio intorno alle due e mezza c'è stata una forte scossa di terremoto nella popolosa provincia del Sichuan [IT], nell'entroterra cinese, a 1500 km dalla Capitale. Io non mi sono accorto di nulla, ma qualche laowai che lavorava nei piani alti dei palazzi finanziari di Chaoyang District evidentemente si.

Nelle zone colpite il bilancio del disastro è pesante: migliaia di vittime, blocchi abitativi sistematicamente rasi al suolo, luce, acqua interrotte, vie di comunicazione impraticabili. Non entro nei dettagli, non ne ho la capacità, non avrebbe senso, non sarebbe opportuno.
A mio avviso però non sarebbe stato opportuno nemmeno parlare degli impianti sportivi delle prossime Olimpiadi, i quali - si precisa - non hanno registrato alcun danno dalla scossa di terremoto.
Mi domando a chi gliene può fregare degli impianti sportivi in un momento come questo.
Mi domando che bisogno c'era di parlare di Pechino e dei suoi impianti sportivi antisismici quando siamo a millecinquecento chilometri di distanza dall'epicentro. Come se a Palermo ci fosse un terremoto e si parlasse dei danni subiti dagli stadi svizzeri dei prossimi Europei di calcio.

Non so a chi sia venuto in mente di rilasciare una notizia così idiota, mi immagino sia stato il boss della Cocacola o il general manager della Lenovo a chiamare le TV di mezzo mondo e rassicurare tutti quanti sulle buone condizioni degli impianti sportivi di Beijing2008.
Sinceramente mi rattrista di più il fatto che in mezzo ad una tale catastrofe sia riuscita a farsi spazio una notizia del genere. Perfino nei nostri giornali italiani, bravi a tradurre (e trascrivere) gli articoli degli altri non è mancato il piè di pagina dal lieto fine (sportivo): la colorata conclusione per una notizia di cronaca nera.

Decisamente evitabile.


I China

sabato 3 maggio 2008

Dilemma

Pechino...




.. o Sanya?




Io un pensierino ce lo farei.. anzi, a dire il vero ce l'ho già fatto la settimana scorsa!
Per il futuro, vedremo, a me l'isola di Hainan non è dispiaciuta per niente, sto già pensando a qualche modo per ritornare, vai a vedere che ho finalmente trovato la Cina dei miei sogni?

Un paradiso tropicale ad una sessantina di euro da Pechino, clima estivo tutto l'anno, poco cemento, poco inquinamento, frutta e pesce a prezzi ridicoli, tanta natura e mare cristallino..

prima o poi ci ritorno..


Nelle prime due foto: 3 maggio 2008 (mattina), Pechino, autostrada per l'aeroporto
Nelle ultime due foto: 3 maggio 2008 (pomeriggio), Sanya, Da DongHai e Yalong Wan


p.s. e qui si mangia una pizza eccezionale