venerdì 8 agosto 2008

08/08/08 LATO B



Ma adesso chi vorrete giudicare con quel buonismo da quattro soldi?
Ho visto un popolo sventolare bandierine a cinque cerchi mentre sfilavano i camion di Coca-cola e Lenovo, gente piangere al passaggio della fiaccola, gente orgogliosa di dipingersi addosso una bandiera rossa a cinque stelle, fiera davvero di essere cinese.
Saranno pure una fregatura, ma queste Olimpiadi di certo passeranno alla storia. Probabilmente è facile arrivare ad ovvie conclusioni quando si parla di Cina e di soldi, dire che le Olimpiadi sono una farsa e che una dittatura non va a braccetto con lo sport.

Non ho voglia di ragionare su questo o di farmi un'opinione schierata. Solo, vorrei dire una cosa:
in questo preciso istante, un miliardo e trecento milioni di persone starà vivendo il suo grande momento di gioia.
In questo preciso istante un miliardo e trecento milioni di persone starà prendendo atto della forza e della grandezza della propria nazione.
I freddi entusiasmi di Atene e Torino non hanno nulla a che vedere con questo sogno, l'emozione di essere nuovamente “accettati” nel mondo deve essere qualcosa di grandioso.

Stasera, un popolo uscito dalla fame guarderà in faccia la Storia, quelle luci e quello sfarzo saranno la rabbia di ogni dissidente ma anche l'orgoglio di ogni cinese, ogni figlio di questa nazione sorriderà consapevole di quanto sudore e quanto sangue hanno versato altri suoi fratelli e nessuno striscione “Free Tibet” né i cinque cerchi in filo spinato di Amnesty International potranno mai scalfire questa gioia.
Good luck Beijing, 好运北京,中国加油!


Nella foto: Sanya, 4 maggio 2008, passaggio della fiaccola olimpica

08/08/08 LATO A



Sono in Italia. Da un paio di settimane mi si domanda per quale motivo sono tornato proprio ora che iniziavano le Olimpiadi. Un po' me lo domando pure io, cartellino da volontario olimpico (quasi) in mano e un anno di Cina nel cuore, poi guardo le immagini concitate del countdown e gli incidenti delle ultime ore e subito mi tranquillizzo, nell'illusione di trovarmi – ora - in un Paese “migliore"..

Un po' sono contento di aver lasciato Pechino proprio quando non aveva più nulla da offrirmi, senza più venditori ambulanti per le strade, senza più carne di cane nei menu dei ristoranti, senza più gli sputi gratuiti dei pechinesi né la loro presenza all'interno della città, senza più un hutong che non sia destinato a diventare attrazione turistica né un vecchietto che non faccia t'ai chi per soldi.

Così hanno ridotto la Capitale in vista delle Olimpiadi. Una Pechino senza Pechino, una città che si vergogna di sé stessa, della sua essenza, della sua tipicità. Una città vuota, snaturata, artificiale, senza la dignità di mostrare al mondo la sua vera anima, i suoi vizi e i malcostumi. Anche questa sarebbe stata la Cina, ma purtroppo l'hanno fatta sparire, trasformando Pechino in una bruttacopia del resto del mondo.

Pechino e la Cina di oggi sono sempre più distanti da quel mondo che avrei voluto vedere ma che - purtroppo - ho solo letto nei libri di storia, nei racconti di Tiziano Terzani all'inizio degli anni Ottanta e nelle cronache di Edgar Snow all'epoca della Rivoluzione.
L'impero, il Comunismo, Mao Zedong e la sua politica, l'arte, la cultura, le tradizioni. Tutto finito, sparito, scomparso.
Tutta roba di cui vergognarsi, di cui sbarazzarsi al più presto, ma con le dovute eccezioni.
Magari si salvano ancora il Libretto Rosso e le stampe della Propaganda da propinare ai turisti in cerca di souvenir, magari è ancora in voga mangiare l'anatra laccata arrosto o gli involtini primavera, ma guai ad indossare le tradizionali scarpe di pezza da 6 yuan il paio, guai a pedalare su una bicicletta anziché imbottigliarsi nel traffico dentro una BMW “gonfia” d'aria condizionata, guai ad usare le bacchettine (al posto della forchetta) nei ristoranti di lusso.
Guai a ricordarsi di essere stati comunisti. Guai a ricordarsi di essere cinesi, anche se poi la bandiera rossa la si vede sventolare ovunque.

Non so più cosa augurarmi per questo Paese, tutto ciò che voleva ottenere con queste Olimpiadi era benessere sociale e credibilità internazionale. Penso che - ad oggi - la Cina non sia riuscita a raggiungere né l'uno né l'altro obiettivo, né ci potrà riuscire facilmente in futuro, con lo sviluppo che si fa sempre meno armonioso, con le tante bombe sociali che sono pronte ad esplodere, con la libertà in lista d'attesa verso una democrazia ancora lontana.

Chissà cosa penserebbe Mao delle Olimpiadi, chissà cosa esclamerebbe alla visione di tanti giovani patinati e griffati, schiavi di un mondo che li fa sentire liberi e felici come una farfalla..


Nella foto: Sanya, 4 maggio 2008, passaggio della fiaccola olimpica

giovedì 7 agosto 2008

Ah già, le Olimpiadi



## DALL'ITALIA ##


A tre giorni dalla cerimonia inaugurale di Beijing2008, i senatori della maggioranza di Governo hanno avuto la bella trovata di chiedere agli atleti azzurri (già atterrati a Pechino) un gesto forte nei confronti di un regime considerato dittatoriale.
Che originalità! Che tempismo!

Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, ha la pazienza di prendere in considerazione questa sparata da manicomio e di replicare alla folle baggianata con due domande "Perché si chiede allo sport di sostituire la politica?" e ancora "Perché non si chiede agli industriali di non investire in Cina?"
Ma soprattutto (aggiungerei io) perchè non si chiedono le stesse cose alla nazionale di calcio italiana quando va a giocare le sue partite in Bielorussia, Azerbajan, Georgia, Kazakhstan e chi più ne ha più ne metta?


Ridacchio compiaciuto, poi cambio canale.
Sul TG5 si parla di tette. Sembra interessante, ma io spengo la tele.


## DALLA CINA ## lezioni di civiltà e censura

"Vietato fumare, vietato sputare, vietato mangiare cibo a bordo, vi preghiamo di essere civili e di cedere il posto ad anziani persone disabili e donne incinte" è il messaggio per i cinesi che scorre in ideogrammi a bordo di autobus e treni della metro.
Lo segue un sornione “No Smoking” che pretende rispetto da tutti gli altri..

Mi viene la nausea a pensare quanti particolari sfuggiranno ai frettolosi turisti occidentali, quante finezze non saranno in grado di cogliere i loro occhi, troppo impegnati a seguire le gare per prestare un po' di attenzione a quel mondo che li circonda.

Mi viene il vomito – invece - all'idea di dover prendere le informazioni da giornalisti novelli giunti nella Capitale da mezzo mondo. Gente rampante e pretenziosa - per carità - ma che nel centro stampa del Villaggio Olimpico non fa altro che lamentarsi perché non gli si apre il sito di "Free Tibet" o quello della setta "Falun Gong".
Mi si perdoni la domanda, ma che se ne fa, un giornalista, del sito di una setta buddhista quando si trova nella sala stampa di un'evento sportivo?
A chi ha scoperto solo ieri l'acqua calda, ai giornalisti esigenti e ai dissidenti della domenica pronti a srotolare i loro ripetitivi striscioni dico solo una cosa: il vostro è tempo sprecato, alle proteste da baraccone la Cina ci ha fatto il callo, una parte dei cinesi se ne frega altamente delle vostre dimostrazioni mentre l'altra ci si incazza direttamente.
Provate ad urlare “Free Padania” a Roma per farvi un'idea di quanto gli stiamo andando sulle palle..


Nella foto: marzo 2008, il Bird's nest in costruzione