venerdì 1 febbraio 2008

Jinghong (Xishuangbanna)

Biglietto da 16 euro, dodici ore di pullman con cuccette per dormire e il giorno seguente siamo a Jinghong, 700 chilometri più a sud di Kunming. Notte stellata fuori dal finestrino, arriviamo all'alba alla stazione dei pullman, fa ancora freddino. Si apprende che in tutto il sud del Paese non va poi tanto meglio, nevica perfino a Guangzhou. A Guangzhou cazzo, il sud della Cina a due passi dal mare!
Mi chiedo se c'è una via d'uscita da questo inverno tropicale..

Ci sistemiamo in un hotel per 1 euro e mezzo a notte, in un anno sono 400 euro. Trattabili. Ci penso sù un attimo.
Poi - come si fa giorno - possiamo finalmente godere delle piacevoli temperature estive del Xishuangbanna. Certo, ora siamo nella stagione fredda, piove spesso in questi giorni ma le temperature arrivano fino a 26-28 gradi e la natura che ci circonda è sempre verde e rigogliosa.. Bambù a perdita d'occhio sulle colline circostanti, palme da cocco, piantagioni di tè, canne da da zucchero e banane e risaie verdissime inondate dal bacino idrografico del Mekong.


Nella foto: Palma del Viaggiatore in un tempio buddhista. Sotto, i bambini al tempio



Foto di gruppo sul Mekong

Una cosa che mi ha incuriosito di Jinghong (come pure nel resto del viaggio) sono stati i turisti, per lo più anglosassoni.. Vabbè, magari saranno i soliti discorsi provinciali di un italiano, però fa strano vedere così tanta gente non più giovanissima con lo zaino in spalla che parte, guida Lonely Planet in mano, alla scoperta del mondo. Questa del viaggiare con lo zaino ("da straccione" diremmo noi), è un'idea che non piace al turista italiano comodone, che quando va in vacanza preferisce pagare il triplo pur di assicurarsi un'ospizio terribilmente noioso in cui passare la settimana di Ferragosto. Perché non si incontra spesso un backpacker italiano?
Va bene che gli italiani sono di meno rispetto alla popolazione anglosassone messa insieme (inglesi, americani e australiani), va bene pure che uno può smazzarsi il culo tutto l'anno e sognare un pò di pace per il periodo in cui va in vacanza, però fa strano che tra le massime aspirazioni di un turista nostrano ci sia ancora la vacanza all-inclusive, niente pensieri, niente avventura, niente imprevisti (tralascio i vari sogni erotici annessi e connessi...). Non che mi faccia schifo questa alternativa, anzi, però.. quanto mondo vero ci perdiamo per correre dietro a paradisi artificiali lontani anni luce dalla realtà?

Un'anziana coppia francese seduta di fianco al nostro tavolo pianifica la prossima tappa del loro viaggio.. Non sanno una parola di cinese e si adattano alla meno peggio pronunciando "alla francese" i nomi delle città di cui ci parlano, sballandoli completamente. Ma mi piacciono un casino. Uno direbbe, ma chi glielo fa fare alla loro età di cercarsi problemi in giro per il mondo senza capire una parola di ciò che gli sta intorno? Eppure è così, dopo aver lavorato una vita si concedono tutto il "tempo libero che gli rimane" per godersi la vecchiaia. Ho deciso, da vecchio sarò come loro!

Altri incontri, altra storia.. Durante il giro in bicicletta oltre il Mekong incontriamo una famiglia australiana in vacanza con cinque figli di età compresa fra i tre e i dieci anni (ma dai discorsi che facevano ho avuto l'impressione che ce ne fosse un'altro, più piccolo, rimasto in albergo). Forse sono una famiglia "insolita" anche dalle loro parti, però non capita spesso che una mamma italiana faccia pedalare i propri figli in mezzo alla strada di una polverosa città cinese.. Cinque figli sono tanti, magari c'avranno pure i soldi, può darsi, ma allora perchè non si fanno la vacanzona-zero-pensieri in qualche paradiso tropicale?
Venivano dalla Thailandia - sempre con lo zaino in spalla - e, risalendo il Mekong attraverso il Laos, erano arrivati fino al confine con la Cina ed oltre. Poi hanno detto che vedevano meglio dove andare.
Sticazzi!

Mi piace Jinghong, è bello attraversare in bici il ponte sul Mekong (in cinese, Lancang Jiang, 澜沧江), è bello gironzolare per la campagna circostante, coi tetti tipici in legno e foglie di palma ed è bello rilassarsi al Mekong Cafè in culo al freddo della Capitale.

La campagna, quella mi ha un pò intristito però.. con la sporcizia che si accumula ai lati delle strade sterrate mi ricorda certe zone dell'India, in cui il progresso è arrivato senza preavviso, senza il tempo di spiegare a questa gente che la foglia di banano gettata a terra si decompone in un giorno, mentre la bottiglia di plastica ci mette qualche secolo in più. E se la bruciano non fanno altro che peggiorare le cose. Vacche e galline brucano dallo stesso mucchietto di plastica, foglie e diossina. Mi domando se serva a qualcosa mangiare uova e pollo un'altra volta, magari tra una settimana, o magari a Pechino..
I bambini mangiano merendine impacchettate, gettano via la carta e danno il loro contributo.. ma non è colpa loro, nessuno è andato mai a spiegargli queste cose e comunque anche noi civilissimi italiani sappiamo bene che popolo siamo quando tagliano l'erba lungo le autostrade e sugli incroci delle nostre pulitissime città.

Nonostante questo, tutto intorno è davvero un belvedere, così fantastico eppure così normale. Jinghong è nient'altro che una piacevole città da girare a piedi o in bicicletta sulla riva sinistra del Mekong; niente in particolare da ammirare o visitare, solo un ennesimo punto di partenza per visitare la natura circostante. La città, animata da tuk-tuk e immersa in una vegetazione tropicale, ricorda solo vagamente di appartenere alla Repubblica Popolare Cinese, non fosse per gli ideogrammi che si vedono in giro, abbinati alla scrittura Thai. Ma Pechino è lontana dai confini dell'Impero.




Sotto: Al Mekong Cafè, Lionel ci insegna la tecktonik.. In Italia "purtroppo" dovrete aspettare ancora due-tre anni, se va bene. Nel frattempo, Francia vince sull'Italia 13 a 4, a breve i parziali.


Anche nello stile architettonico si intravede una differenza sostanziale tra i palazzoni di vetro che svettano in Cina e le molte eleganti costruzioni (pubbliche e private) che riprendono la forma dei tetti delle case tradizionali del Xishuangbanna e la varietà dei colori delle latitudini tropicali.
Per carità, ci sono anche i cinesissimi palazzi interamente rivestiti con le piastrelle bianche del cesso (中国厕所式大楼) o pretenziose opere d'avanguardia sfacciatamente kitsch dal vago gusto estetico (中国很特别大楼), però... forse il Xishuangbanna riesce a salvarsi da questo vuoto creativo che sta invadendo il resto del Paese. O almeno è quello che spero. Presumo che questa diversità sia stata preservata - almeno in parte - proprio dalla difficoltà dei collegamenti nella regione, un gap che però si sta rapidamente colmando visto lo stato dei lavori per la costruzione di una comoda autostrada e di un allaccio ferroviario con il resto del Paese.

Mi intristisco ancora di più pensando che anche questa parte di mondo farà la stessa fine del Tibet.


Link:
Cours de tecktonik (en français) - Youtube

1 Comment:

Maurizio Cecconi said...

Se volete vedere la tecktonik dovete venire a bologna.