lunedì 28 gennaio 2008

Nuvole veloci a Kunming



Tre ore d'aereo da Guangzhou a Kunming e ci ritroviamo in un'altro mondo, lontani dalla pioggia e dal caos che - si viene a sapere - ha bloccato oltre 700.000 persone alla stazione ferroviaria. Siamo a Kunming (1892 metri slm), la città dell'eterna primavera (così la chiamano i cinesi) capoluogo della provincia dello Yunnan, un altopiano incastonato tra la penisola Indocinese e il Tibet, una Cina profondamente diversa da quella che mi lascio alle spalle. C'è il sole, una ventina di gradi e dopo un'esperienza come Guangzhou, la visione di Kunming è tutto ciò che uno può desiderare.

Delle 56 minoranze etniche formalmente riconosciute che fanno parte della Repubblica Popolare Cinese, 25 si trovano nel solo Yunnan ed è per evitare qualunque forma di separatismo che in questa provincia la propaganda governativa ha martellato più pesantemente nel corso degli anni. Esaltando la varietà e la ricchezza delle minoranze etniche del Paese, la Cina ha ribadito di essere comunque una sola, alla cui "crescita armonica" partecipano "equamente" tutte le nazionalità che ne fanno parte.
Belle parole.. Bella beffa! Delle minoranze etniche che compongono il 9% della popolazione cinese fanno parte - tra gli altri - russi, kazaki, uyguri e tibetani. C'è mancato poco che si prendessero anche gli italiani.

Malgrado questa sbandierata diversità di facciata, Kunming non mi sembra poi tanto diversa dal resto della Cina. Stessi palazzi di vetro, stesso traffico, stesse strade, stessi quartieri, stessi marciapiedi. Magari qualche anno fa lo Yunnan era un pò diverso dal resto della Cina, magari prima di essere colonizzato da Pechino.. chissà!




Nelle foto: Kunming Laojie, la Strada Vecchia di Kunming. Ai lati, gru al lavoro e cartelloni pubblicitari annunciano l'arrivo della "nuova" Strada Vecchia..

Nonostante tutto, Kunming mi piace, c'è molto verde in giro, molto ordine, un pò troppi turisti (come noi!), ma ci sta. Ci sistemiamo al Camellia Hostel ed il giorno dopo ci ritroviamo già con gli altri quattro appena arrivati dalla gelida Pechino.

Restiamo un altro giorno a Kunming, giusto il tempo di un giro per la città vecchia, museo, templi buddhisti, "zoo" delle minoranze etniche (中国少数民族动物馆, caldamente sconsigliato), e nel frattempo ragioniamo un pò su come continuare questo viaggio..
Alla fine decidiamo per Jinghong, capoluogo della regione autonoma del Xishuangbanna, un paradiso tropicale al confine con Laos, Vietnam e Birmania. Lo Yunnan è una regione prevalentemente montuosa e i collegamenti ferroviari - come il resto dei trasporti - risultano ancora in parte difficoltosi.. Si va in autobus!

in viaggio..


Dalla Cina coloniale alla Cina tropicale

sabato 26 gennaio 2008

Guangzhou: fuga dalla trappola

Un giorno a Guangzhou scorre rapido e all'indomani siamo pronti alla stazione di Guangzhou due ore prima della partenza, in attesa del nostro treno. Siamo gli unici occidentali in quel posto, già mi viene la nausea a pensare quanta gente ci sarà in quella piazza, due-trecentomila persone, di sicuro. Strade bloccate, transenne ovunque e poliziotti che controllano - a vari livelli - se davvero devi salire su un treno, se hai un biglietto valido in partenza per oggi e se è vero che il tuo treno sta partendo. Più passa il tempo, più la folla aumenta, e il tabellone si riempie a poco a poco di scritte arancio e rosse, "treno cancellato", "treno in ritardo di un'ora", "treno che non si sa se e quando arriva".



Il treno è forse il mezzo di trasporto più affascinante (oltre che economico) per muoversi in Cina e per capire le sue differenze, le sue contraddizioni; dentro e fuori dal finestrino è un continuo apprendere, osservare, capire. In silenzio, solo guardando. Stavolta però mi sento un pò bastardo a dover perseverare questo modo di viaggiare nonostante la situazione che si sta venendo a creare. Noi che per il gusto di viaggiare (e di risparmiare) spendiamo una cifra esigua - appena 10 euro - per permetterci una vacanza insolita e loro che si trovano nello stesso posto ad aspettare un treno che li riporti a casa dopo un anno che non vedono i propri cari; per noi è divertimento (o quasi), per loro è un incubo e neanche a buon mercato.



E non sapevamo che la situazione nazionale in quelle ore era molto ma molto peggio di quello che si poteva anche solo immaginare.. Nella Cina meridionale era in corso l'inverno più disastroso degli ultimi cinquant'anni. Maltempo ovunque, dalla fredda pioggerellina di Guangzhou alla neve di Guilin, la Cina e tutto il suo sistema di trasporti era in ginocchio proprio durante il periodo più critico dell'anno.

Giustizia (o Punizione) Divina per un Paese che viaggia troppo spesso al di sopra delle proprie possibilità. La Cina che fa il passo più lungo della gamba, basta una nevicata a mettere in crisi il Paese "pronto" alle Olimpiadi. Magari le manie di onnipotenza cinesi sono più che giustificate, però stavolta la macchina organizzativa mi è sembrata un tantino disastrosa.. Noi quattro lì, spremuti dalla folla, ed io che pensavo alla canzoncina "We are ready/Siamo pronti" scritta per le Olimpiadi.

OK了

Passano le ore e noi siamo sempre lì, in mezzo a gente che aspetta da un giorno e mezzo, i treni da Guangzhou partono ma non arrivano, perchè se arrivano vengono da nord, e a nord sta cadendo troppa neve.. Nessuna notizia, nessuna informazione, solo treni con orario di arrivo "indefinito" e tanta gente che spinge tanto, troppo, per avvicinarsi all'ingresso della stazione.

Ad un certo punto arrivano i soldatini per il puntuale teatrino della Propaganda.. Escono dalle transenne e formano un corridoio umano tra la folla in modo da far passare chi deve salire su un treno in partenza. E spuntano gli omini - anch'essi in divisa militare - con cinepresa e fotocamera, a filmare l'Esercito di Liberazione che aiuta il Popolo. La gente fischia e ride, beffarda, davanti alle telecamere della TV nazionale.. A me piace pensare che non erano i soliti "Ciao mamma sono in televisione", magari era davvero un popolo che dimostrava di essere più furbo di quanto pensa il suo Governo.
Passano i soldatini con i cartelloni dei treni in partenza ed ecco la gente passare nel corridoio umano.. i soldatini sorridono, i fotografi scattano. Dieci minuti di teatrino teleripreso, telefotografato, teledocumentato. Poi, come niente fosse, i soldatini rientrano, le telecamere si spengono e ritorna il caos più assoluto.

Oggi o domani mi aspetto di rivedere queste immagini su internet e in televisione, specie su CCTV7 (谢谢叔叔TV), il canale tematico della TV pubblica che informa di quanto sono bravi esercito e polizia ad aiutare le persone che si trovano in difficoltà.

Aspettiamo dieci ore prima di cedere alla tentazione, rivendiamo il nostro biglietto e ripieghiamo sulla soluzione dell'aereo. Vigliacchi. Uomo bianco vince ancora, aggiungiamo altri 60 euro e abbiamo un biglietto per Kunming, senza il fango di Guangzhou, senza le mani addosso della folla né il rischio di essere scippati, senza il caos né la paura di rimanere bloccati alla stazione. Noi ce ne andiamo, loro restano a terra.


Nella foto: notte insonne prima della partenza. Dormire in una catena di fast-food è un'ottima soluzione per non perdere l'aereo.

Partenza per dopo domani, e il 29 arrivano anche gli altri, Arianna, Michi, Shoko e Chie.


Bye bye Guangzhou!

venerdì 25 gennaio 2008

Guangzhou: ritorno alla trappola

Due ore di pullman da Zhuhai, città oltre la frontiera dal lato di Macau e siamo di nuovo a Guangzhou. E chi se lo aspettava di trovarsi proprio dove nessun'altro voleva essere, alla stazione ferroviaria del capoluogo quando le fabbriche del Guangdong mandano in ferie per un mese i propri dipendenti, tutti assieme, tutti in una volta. Come a Ferragosto da noi. Che geni che siamo!



Stazione di Guangzhou, ovunque mi giro c'è gente in cerca di un biglietto o in attesa di un treno. Ce n'è tanta. La maggior parte di loro sono operai sottopagati provenienti dalle zone più povere del Paese che lavorano nelle fabbriche-città del Guangdong, la provincia cinese a più alta industrializzazione del mondo: le eccellenze e le schifezze, i certificati ISO9002 e i cancri di plastica, i falsi, i veri, gli indistinguibili.. tutto proviene da quà e questa è la gente che produce tutto ciò. Incontro quello che ha lavorato all'assemblaggio della mia fotocamera, magari incontro pure quello che ha cucìto le mie scarpe sportive, ma non me ne accorgo.



Già dalla fermata della metropolitana - proprio sotto la stazione - poliziotti sbraitano sulla folla per mantenere la calma... "不要急",不要急" ("bu yao ji, bu yao ji" calma, calma) si sente urlare in continuazione.. una volta sopra, è l'inferno. Com'era prevedibile, non è possibile entrare DENTRO la stazione. Si resta fuori, sotto la pioggerella fina che sta già infangando la piazza antestante, dove sono stati allestiti dei padiglioni numerati per raccogliere ordinatamente le persone in attesa di un treno. O magari questa era l'intenzione.

Io riesco a distinguere soltanto i simpatici soldatini cinesi, gli stessi che erano nel campus quando mi hanno fottuto la bici, gli stessi che marciano a Tiananmen inneggiando canti militari, gli stessi che indossano l'elmetto della prima guerra mondiale quando vado in banca, gli stessi che si prendono a schiaffi col collega quando si rompono le balle.. Sono lì, divisi in squadre, ognuno col suo manganello, ognuno col suo sguardo spaurito, ma sempre pronto a ridacchiare col vicino. Età massima 16 anni e mezzo, almeno così dimostrano le loro facce. E dovrebbero mantenere la calma. A Guangzhou.


Nella foto: caos alla stazione ferroviaria di Guangzhou

Mentre siamo in fila alla biglietteria, cerchiamo di capire dove è più comodo andare... A noi importa solo andare verso ovest, verso lo Yunnan, verso Kunming. Il problema è che non ci sono i treni. I treni in partenza oggi sono tutti pieni, al massimo c'è qualche posto a sedere per domani sera, destinazione Guilin, a metà strada di dove vogliamo andare noi: 1000 chilometri di viaggio seduto ("sedile rigido", ed è già tanto) in un treno pieno a scoppiare con il corridoio intasato da gente che ha in mano il suo biglietto "posto in piedi", anch'esso acquistabile per un viaggio da 18 ore. A questo sono disposti i cinesi pur di ritornare a casa per la Festa di Primavera. E tanto permette di fare un biglietto del treno da 10 euro.


Link:

giovedì 24 gennaio 2008

Macau



A 50 chilometri di mare da Hong Kong, proprio sull'altra riva nel delta del Fiume delle Perle c'è Macau, decadente gioiello portoghese che ancora oggi punta il suo futuro in giochi d'azzardo, casinò, corse automobilistiche, fanatismo religioso e prostituzione.
Niente male.

Traghetto da Hong Kong, controllo passaporti e in un'ora e mezza siamo dall'altra parte del delta, in quell'altra Cina che non è Hong Kong e che non è nemmeno il Guangdong. Macau si spegne lentamente ostinandosi ad essere quella che è stata nel passato e che oggi non ha più motivo di essere: una città goliardica dall'impronta religiosa, senza la fretta dello sviluppo, del progresso e del commercio a tutti i costi.

Strana questa Macau, senza dubbio più tranquilla e vivibile della sua vicina anglosassone. Macau è un'altra Cina, una "Cina Latina" che ha ereditato dal Portogallo non solo la storia ma anche l'anima, la sua cultura, i suoi ritmi, meno pressanti che altrove e più a misura d'uomo. O anche al di sotto. Perchè a Macau la gente sembra ormai abituata ai riflettori della storia che si allontanano, come rassegnata a dover vedere la vita scorrere solo in questo modo, senza fretta, senza grossi affari, senza l'ansia di spennare un occidentale, di dover apparire grande o di dimostrare di esserlo stata nel passato.


Nella foto: il Casinò Grand Lisboa "visto" dalla Fortaleza do Monte

Se in Cina e ad Hong Kong i grattacieli svettano alti in nome del progresso, quì a Macau le uniche costruzioni degne di questo nome sono i casinò. Senza i casinò non ci sarebbe Macau, senza di loro Macau non sarebbe Macau.
All'ombra dei casinò i macaensi abbassano amaramente la testa, consapevoli - da una parte - di quanto lavoro e quanto turismo ha portato da tutto il mondo il gioco d'azzardo ma rassegnati - dall'altra - nel vedere cosa è diventata la loro città dopo anni di illegalità, delinquenza e lotte tra le Triadi...

Di questo ce ne parla (in un ottimo francese) anche Manuel - portoghese nato e cresciuto quà - mentre si gode il tramonto da una piazzetta ancora "portoghese", dietro la quale svetta però - minacciosa - la sagoma del "Grand Lisboa", l'ultimo arrivato tra i Casinò di Stanley Ho. Ci racconta che questo signore è l'unico - a Macau - che ci ha guadagnato davvero dall'industria del divertimento e che grazie ai suoi contatti con la mafia ha praticamente in mano la città, dai casinò al mercato immobiliare, dalla politica all'informazione. Lionel resta parecchio impressionato. Io che sono italiano non ci faccio caso più di tanto. Poi lo rassicuro "Ma guarda che non è poi così strano... ".
Ci saluta suggerendoci "Da Armando", un dignitoso ristorantino macaense dove c'è comida boa por un preço justo. Alla fine dei quattro giorni a Macau riusciremo a trovarlo.

Ancora oggi, malgrado la mania del gioco non più in voga come un tempo, a Macau si continua a costruire casinò, sempre più alti, sempre più luccicanti (e sempre più orrendi), magari nell'allettante prospettiva di attrarre i nuovi ricchi dalla Cina continentale. A me questa dei casinò è sembrata una situazione un pò sovradimensionata, come se - nonostante le tante alternative - Macau sia destinata a dover perseverare la stessa strada, fatta di un relitto del passato che continua ad esser considerato come punta di diamante dell'economia dell'ex colonia, come se non ci fosse altra alternativa che questa.



Che bella invece l'altra Macau, lontana dai casinò sempre più luccicanti ma sempre più vuoti, la Macau storica, figlia del Portogallo di un altro tempo..
Ancora oggi Macau somiglia molto a Lisbona, con i marciapiedi e le piazze lastricate di sampietrini, con le chiese barocche, i nomi delle vie e dei vicoli scritti sugli azulejos, la religione presente ovunque, anche (e soprattutto) quella locale, resistita o mescolata al Cristianesimo, portato a forza dall'Europa. Anche in questo Macau è profondamente diversa da Hong Kong.





Quì vi approdarono numerosi evangelizzatori della Cina, tra cui il mio conterraneo Matteo Ricci, un Missionario Gesuita maceratese finito per diventare Mandarino alla Corte Imperiale di Pechino, imparando la lingua e i caratteri e adattando la religione cristiana, le arti e le scienze europee alla visione del mondo orientale del tempo. E' ammirevole sapere che ciò è successo cinquecento anni fa.

Non condivido l'attuale necessità di "evangelizzare" popoli che hanno già un loro culto, nato dalla visione ed interpretazione del loro mondo circostante, ma comprendo l'importanza che poteva avere un tempo la religione e le "ragioni" della Chiesa nell'Europa dell'epoca, soprattutto in Portogallo. Inoltre apprezzo appieno gli sforzi fatti da Padre Matteo Ricci nel suo lavoro di comprensione e mediazione culturale tra due universi allora sconosciuti.





E poi ancora i ristoranti (quì chiamati establecimientos de comida), le insegne portoghesi dei negozi, gli incensi fumanti ad ogni ora del giorno davanti ad ogni casa e attività commerciale, il vino portoghese in vendita nei supermercati, le auto dal gusto kitsch, tutte truccate e "personalizzate", la cucina portoghese.. Davvero una bella sorpresa Macau, un ritorno alla bella Europa dopo cinque mesi vissuti in una Cina sempre più diversa dal suo passato e sempre più uguale al resto del mondo.


Sopra: aperitivo per strada con vinho tinto portoghese



Pranzo "da Armando", anche lui portoghese nato quì a Macau e poi vìa, in autobus, verso la "Frontera". Da quì non ci sono collegamenti diretti con lo Yunnan, decidiamo di tornare a Guangzhou (Canton), da cui prenderemo un treno per Guilin o Kunming..


mercoledì 23 gennaio 2008

Chungking Mansions (Hong Kong)

Hong Kong, ore 1:30
Un elegantissimo occidentale esce da una torre di vetro e cemento per poi stravaccarsi nel retro di un costoso taxi rosso. Sabato notte, cravatta allentata e valigetta posata lì a fianco, magari quella è la fine che immagino ma che non vorrei fare..

Stanchi delle lucine al neon e dei grattacieli decidiamo che gli zaini pesano un pò troppo e che è ora di cercare un posto per passare la notte.
Ed Ecco un'altra Hong Kong, quella che non conoscevo ma che sinceramente mi aspettavo di trovare da qualche parte.

Quartiere di Kowloon, Nathan Road,
Chungking Mansions non è solo il nome di un posto economico in cui dormire.
Il tempo di due occhiate all'interno e mi torna in mente l'inizio di un film bellissimo di Wong Kar-Wai dal nome Chungking Express.. Due storie intrecciate che girano attorno ad amore e delinquenza nella città sul finire dei suoi giorni coloniali.



Potrei essere in un posto qualunque del mondo, perfino i cinesi sono minoranza in questa città nella città. Indiani, bengalesi, filippini, africani, magrebini, armeni, arabi.. è incredibile la varietà di gente che "popola" questo formicaio umano, chi vende droga, chi vende abiti, chi vende riso al curry, chi vende se stesso, chi affitta camere. Ma la maggior parte di loro aspetta un passaporto, sorvegliata dalla polizia cinese che tiene a bada i piccoli deilnquenti secondo gli ordini della mafia (o almeno così sembra).

Notte afosa ma tranquilla, non fosse per il labirinto fatto di cunicoli, ascensori "alterni" e mini-pensioni - ognuna con la sua "nazionalità" al suo interno e i segnali di avvertimento per gli sconosciuti - che ci ha fatto perdere un'ora prima di ritrovare la stanza in cui avevamo lasciato la nostra amica coreana, con la linea telefonica assente e facce poco raccomandabili in giro per le scale..

Pazienza. Il giorno dopo sveglia presto, giro nella città cinese: passeggiare, chiacchierare e starsene tra sè e sè al finestrino di un autobus che non sai dove ti porta è il miglior modo per vedere e scoprire Hong Kong..







Verso sera, stanchi ed esausti ci prepariamo alla volta di Macau, decadente gioiello portoghese a soli 50 chilometri da Hong Kong ma diversissima dalla sua "sorella inglese"..

Link:
Film - Chungking Express [Trailer]
Chungking Express
Nathan Road
Scalinata interna - Chungking Mansions

Pieces of Chungking (1)
Pieces of Chungking (2)
Pieces of Chungking (3)

Hong Kong


Che bello questo di passare la frontiera "a piedi", senza il balzo degli aerei che ti porta da un ambiente asettico all'altro, che non ti fa sentire il viaggio, il passaggio, lo spazio, la distanza.

La Hong Kong di oggi è solo un puntino sulla carta geografica della Cina, ma è impossibile per me, oggi, poter percepire appieno cosa è stata fino a trent'anni fa Hong Kong per i cinesi.. Un sogno senz'altro, lo era anche per gli occidentali, ma è stata soprattutto un'utopia, un'assurdità, un artificio: l'eccesso messo al fianco di un altro eccesso, un'isola capitalista in un universo comunista, in bilico per anni prima di ricadere in un mondo che ha finito per assomigliarle sempre di più.

Entro in metropolitana e subito vengo assalito da una strana sensazione: sono in Cina, come no, ma mi trovo in un lembo di terra che non gli assomiglia manco per il cazzo.. l'asfalto è nerissimo e rugoso come quello che si vede nelle strade di Londra, e ad ogni incrocio vedo perfino dei Belisha Beacon lampeggiare.. Anche insegne stradali mi stupiscono ed incuriosiscono: leggo i cartelli stradali e sono nomi inglesi, ne leggo altri e mi sembrano assurdi, le scritte sono quasi illeggibili, la pronuncia cantonese non corrisponde al mandarino, JiuLong (nove dragoni) diventa Kowloon, "xie xie" (grazie) è uno sghignazzo cantonese che suona come " 'ngoin' " e tra un pò saprò anche che wikipedia e blogspot si vedono tranquillamente senza dover incappare nella censura...
Non sono in Cina.

Guardo fuori dal finestrino, è notte. La segnaletica luminosa degli incroci mi riporta alla mente Londra, non fosse per le palme lussureggianti e gli alberi in fiore che mi ricordano di essere da tutt'altra parte del mondo; anche le auto hanno la guida a sinistra, scorgo autobus a due piani, l'inglese prevale nei cartelloni pubblicitari così come l'ordine e la pulizia prevalgono per le strade. Sono sconcertato.

La TV del metrò trasmette le notizie economiche in cantonese, magari anche i contenuti delle notizie mi lascerebbero di stucco se sapessi che non si tratta delle solite quattro barzellette raccontate dal "Partito". O magari è così anche qui, ma non ci credo più di tanto.

Dopo mesi e mesi filati di Cina sento, al di qua del confine, una strana sensazione di quasi-libertà che si coglie nel modo di vestire e di comportarsi della gente, nei loro tratti, così abituati alla sicurezza ovattata di una dittatura finanziaria fondata sul commercio: così mi appare Hong Kong e così me la immagino nei fatti, al di là dell'apparente normalità della periferia che che si scorge dal finestrino nel tragitto verso il centro.



Hong Kong, quella vera e propria, è un isolotto collinare particolarmente scomodo per costruire una metropoli di acciaio e cemento. Ma loro l'hanno fatto, e non potevano fare altrimenti.
Ogni sera, le facciate dei grattacieli che guardano verso il Peninsula Hotel si accendono come un immenso albero di Natale, sfoggiando l'essenza così effimera eppure così spettacolare di una città artificiale dal nome evocativo. Nient'altro che lampadine e cemento, lo so, ma non posso fare a meno, per un attimo, di godermi quel momento, con l'aria calda che arriva dal mare e i flash della gente che cerca di immortalare quel pezzo di mondo così spettacolare.

Ma l'artificialità sta solo in quel tratto, in quella città verticale per pochi ma non per tutti.. Milioni di abitanti vivono e brulicano altrove, a Kowloon e nei Nuovi Territori, lontani dal giocattolo di lampadine e cemento fatto per i ricchi, con le loro macchine che di notte sfrecciano a tutta velocità sulle autostrade cittadine semideserte, sensi unici e cavalcavia dall'asfalto nerissimo, piste da divertimento per le costose auto d'importazione che si snodano - sospese - attraverso i grattacieli andando in sù verso il Peak, da cui si gode la vista della baia.



Hong Kong, puttana di quello e di questo impero, una perla occidentale in mezzo all'oriente, un pezzo di terra plasmato ad immagine e somiglianza del nostro mondo, studiato per accogliere nel più confortevole dei modi chiunque voglia vivere la sua vita da queste parti.

Mi immagino giovani rampanti in cerca di successo, cocainomani occidentali incravattati esausti dal lavoro, mi immagino immigrati clandestini provenienti dal sudest asiatico, puttane cinesi del passato, troie da ognidove del presente, sarti indiani e venditori di perle e gioielli, generali e ammiragli imperiali, commercianti di seta e di droga.. mi immagino quanti inglesi dalla madrepatria abbiano sempre avuto questa "alternativa" alle loro vite, magari per trovarvi la fortuna, magari per lasciarsi rovinare dalle sue trappole.



Quante alternative alla solita vita.. e quante opportunità per chi era inglese ieri e rampante oggi, con l'era coloniale al tramonto ma con i tanti legami commerciali e culturali che ancora oggi fanno della Gran Bretagna un Paese grande ed influente nel mondo.
Quanti inglesi, americani e australiani vivono e lavorano quì! Non c'è nulla di strano - per loro - nel dirigere un'azienda, essere docente universitario o collaborare in qualche associazione di scambio culturale ad Hong Kong. Per mia natura non riesco ad immaginare - in questo posto - un italiano diverso da un turista con la bocca aperta e il naso all'insù. Come me.
Questione di orizzonti, presumo.
Nessuno mi ha mai messo la pulce nell'orecchio quando ero piccolo. Al massimo avrei potuto prendere in considerazione i legami storico-culturali con la Libia..

Non so se tutto ciò sia una fortuna, io lo vedo semplicemente come una carta in più da giocare, quella delle colonie è stata un'epoca di violenze e di invasioni ma mi chiedo - nel frattempo - cosa abbiamo potuto combinare noi italiani, che più che conquistare ci siamo lasciati sempre conquistare da invasori, mafiosi e politici vari della penisola.

Non è una colpa se l'Italia non ha mai avuto le sue colonie (vere) nel mondo, per carità.. probabilmente è una cazzata in meno che ha fatto il nostro Paese, però non riesco a non pensare a quanto ampi possono essere - ancora oggi - gli orizzonti geografici e culturali di un inglese, di uno spagnolo, di un portoghese o di un francese rispetto a quelli dell'italiano medio. Magari non sono così ampi come credo, però a veder bene cosa siamo diventati..

Noi che non sappiamo guardare più in là del nostro giardinetto, figuriamoci più in là delle Alpi.. noi che ci appassioniamo alle litigate di Maria de Filippi e di "Buona Domenica" in TV, che facciamo pascolare maiali per evitare la costruzione di una moschea, che ci scandalizziamo alla normalità del mondo moderno, ai suoi mutamenti, alla varietà dei suoi abitanti. Come possiamo noi italiani capire - o solo conoscere - un mondo che si trova al di là della nostra Italietta?
Ora capisco come purtroppo non ci siamo mai riusciti.

In Francia, durante le previsioni del tempo, ti dicono - fra l'altro - che tempo fa nell'isola della Reunion! Abbiamo parlato parecchio di queste cose io e Lionel, compagno di classe (e di viaggio) francese cresciuto lì, in mezzo all'Oceano Indiano e discendente dei primi colonizzatori di quell'isola, allora disabitata. Lui è il risultato di questa storia coloniale, non sfoggia né si stupisce ormai più delle sue origini ma ne è consapevole e ha la coscienza della grandezza del suo Paese, della diversità culturale e l'abitudine alle conseguenze che la storia ha portato ovunque come pure dalle sue parti.
Lavoratori cinesi, discendenti cinesi, lavoratori indiani, discendenti indiani, lavoratori africani, discendenti africani. Ora la Reunion è Francia, ma i problemi di razzismo che affliggono le banlieue della madrepatria quasi non esistono.

E ancora, vede una palma e ti dice "ah, quella è la Palma del Viaggiatore!". Per un italiano quella è UNA palma. Una qualunque. Per un francese quella è una palma che si chiama così perché la sua struttura a ventaglio permette di raccogliere l'acqua piovana dalle foglie fino al tronco.. E i colonizzatori francesi non morivano di sete!

Finezze, per carità, ma è dalle piccole cose che si nota la differenza..

lunedì 21 gennaio 2008

Canton

E' triste e bello allo stesso tempo vedere la Cina del sud di oggi, la Cina coloniale del passato, ridursi ad un posto qualunque di questo Paese, il nord è uguale al sud, l'est uguale all'ovest. O quasi.
E' la Cina nel pieno del suo sviluppo che riconquista le sue perle del passato, la Cina dei grandi palazzi (vuoti) che si riappropria di gioielli altrui (o già suoi) imponendo, nuovamente, la sua influenza su ciò che si è concesso e che non si ripeterà.

Canton oggi è sempre di più Guangzhou, una disordinata distesa di cemento con al centro i resti di ciò che è stato, nel passato, la prima striscia di terra (Shamian) concessa a popolazioni straniere per i loro traffici con l'impero. Shamian è - come dice il nome - una superficie di sabbia nel fiume delle Perle. Oggi è il rifugio preferito dagli occidentali che vengono quì ad adottare bambini cinesi e non osano allontanarsene per addentrarsi nell'anonima città al di là dei ponti. Shamian, una bolla di vetro separata dalla città esterna, una piacevole distesa di costruzioni coloniali intervallate da giardinetti, negozi di souvenir e "accoglienti" Starbucks pieni di visi pallidi intenti a bere caffè costosissimi.

Salvo poche piccole eccezioni, Guangzhou è davvero brutta, comunque la guardi non è altro che una 乱七八糟的城市 ("luan qi ba zao de chengshi", mia traduzione molto maccheronica per dire "una città davvero incasinata"), una città tappezzata da cemento e 大楼 ("da lou"), i palazzoni di vetro senza anima nè estetica con le facciate infarcite di scritte in inglese come "plaza", "hall" e "centre" giusto per creare un clima molto.. " intn'l ".

Non potevo aspettarmi di meglio, siamo nella capitale della provincia del Guangdong, la "fabbrica del mondo" (o meglio, il suo reparto produttivo), se c'è qualcosa di "made in China" che indossate, guardate o toccate in questo momento è molto probabile che provenga da questa "provincia". La gente non sembra per nulla scossa da questa svendita globale di merci e cultura, tutti sembrano lavorare sodo e instancabilmente come per - scrive la mia guida - recuperare il tempo perso durante gli anni del comunismo.


Nella foto: il canale che separa l'isola di Shamian dal resto della città. Sopra corre l'autostrada.


Nella foto: facciate coloniali alle porte di Shamian. Dietro, si costruisce..

Decidiamo che due giorni sono sufficienti per averne abbastanza, e siccome manca ancora una settimana al nostro incontro con gli altri a Kunming (Yunnan) possiamo anche fare un giretto ad Hong Kong, ex colonia inglese da dieci anni rientrata nell'orbita della Cina. Treno per Shenzhen, l'allora ultima città di frontiera cinese da cui si guardava, con invidia, lo splendore occidentale d'oltremare.. Oggi Shenzhen resta ancora ufficialmente una città di frontiera nella Cina di "un Paese, due sistemi", e per entrare nell'altro sistema è necessario - per tutti - attraversare labirinti pedonali, scale mobili, duty free e controllo passaporti sempre seguendo la stessa scritta al neon "Hong Kong". E quando finalmente i caratteri dei segnali pedonali cambiano dal cinese semplificato a quello tradizionale capisco che ci siamo.

Siamo ad Hong Kong!

sabato 19 gennaio 2008

Si parte!



Eccomi quà, un biglietto per Guangzhou (via Shanghai) per le mani, non so come, non so perchè. Era la destinazione più economica, l'importante è andare verso sud, 都可以! poi per spostarsi, si vedrà.. Hong Kong, Macau, Shenzhen.. si, può darsi.. non si sa.. vedremo.. non importa..
Ci sono le Hanjia, le vacanze invernali, un mese e più di pausa per la più importante festa tradizionale cinese, la Festa di Primavera, che celebra il passaggio dall'anno del Maiale a quello del Topo. Io approfitto del peggior periodo dell'anno, l'alta stagione, per viaggiare e vedermi un pò di più di questo Paese, perchè la Cina, anche se ci abiti, non la conosci mai abbastanza.
Io, Lionel, Benedetta e Myung Su alla partenza, poi, il 29 a Kunming ci si vede con gli altri.. 30 ore di treno e sei già là!

giovedì 17 gennaio 2008

La più onesta delle dittature



Leggevo qualche giorno fa su internet questa frase di Charles Bukowski e ho pensato subito alla Cina:

"La differenza tra la democrazia e la dittatura è che nella prima ti fanno votare poi ti danno ordini, mentre nella seconda non ti fanno perdere tempo a votare"


Niente di più vero. Magari è solo così che deve andare. E non va poi tanto male.
Tutto il mondo si sbatte tanto contro la Cina per avere maggiore rispetto dei diritti umani e più democrazia (e magari anche l'abolizione della pena di morte.. ma mi sembra che anche un grande esportatore della democrazia abbia ancora oggi questa pratica). Ma davvero è questo quello di cui la Cina ha bisogno? Che senso avrebbe ora e oggi una Cina democratica?
Un Paese che per migliaia di anni si è lasciato governare da un Imperatore.. un Paese che ha trovato nella dittatura comunista l'unica occasione di orgoglio e di riscatto dal secolare giogo coloniale delle potenze occidentali in Cina e in Asia.. un Paese abituato a marciare veloce proprio perchè non vuole perdere tempo in dibattiti e opinioni dissonanti.. un Paese che, per come stanno andando adesso le cose, non ha bisogno di inversioni di tendenza. Che senso avrebbe una democrazia ora?

Forse sto dicendo tante cazzate, ma non ne sono ancora sicuro. Probabilmente la democrazia sarebbe tanto necessaria quanto inutile; avrebbe senso per buona metà di quella Cina che nessuno, realmente, ancora conosce, ma sarebbe fasulla e sconveniente allo sviluppo economico e all'abbassamento della soglia di povertà.
Magari è il mio punto di vista "privilegiato" che mi porta a dire questo.. ma magari anche no! Vivo a Pechino con la consapevolezza che la mia visione di questo Paese è falsa come un manifesto della propaganda comunista degli anni Cinquanta: la Cina non è certamente la prossima sede delle Olimpiadi, non è la Shanghai della finanza, nè il Guangdong delle grandi fabbriche. La Cina è anche questo, ma è per buona parte un Paese estremamente povero che ancora povero rimane.

Per questo "Paese nel Paese", una democrazia farebbe poco o niente. La democrazia è (in teoria) l'espressione di un popolo, ma in un Paese come la Cina, la democrazia sarebbe soprattutto espressione del potere. E il potere ce l'ha chi povero non è. Funziona così anche in Italia, no?

Se mai un giorno arriverà la democrazia in questo Paese, non ci sarà nessuna svolta storica, nè rivoluzione.. sarà - più o meno - quello che i cinesi si sorbiscono ora, ossia il perpetuo ricambio generazionale di un'oligarchia politica con radici nelle imprese del boom economico. Meglio sperare in un regime benevolo che esser presi per il culo da elezioni fasulle. Meglio la più onesta delle dittature che la più ipocrita delle democrazie.

Poi, se un giorno la Cina - come del resto anche l'Italia - vorrà cambiare per davvero, tanto meglio. Ma per ora questa Cina mi ha convinto, mi riprendo il mio dollaro!

In alto: discussioni sulla fava di Like a Virgin e sulle mance
Dal Film "Reservoir dogs - Le Iene" di Quentin Tarantino (1994)

mercoledì 16 gennaio 2008

Ma allora esistono per davvero...


Nella foto: distretto di polizia cinese, ufficio accoglienza per alieni

martedì 15 gennaio 2008

Beijing, ore 2:00, -11 gradi centigradi

Dalla finestra chiusa entra un'aria gelida. È normale. Beijing, città di cartapesta, non piove e non nevica, solo smog e aria secca. Il tempo più libero che abbia mai avuto nel freddo più pungente è senz'altro la peggiore delle beffe. Ma io aspetto. Ancora qualche giorno, poi si parte davvero.
Ho voglia di caldo, voglia di sole, ho voglia di andare a Sud delle Nuvole.. magari esiste davvero lo Yunnan.



Staccare la spina per un mese e mandare affanculo questa beffa olimpionica dai prezzi esagerati. Beijing 2008 e mancano ancora 200 giorni.. ho voglia di fregarmene, di pensare ad altro. HO VOGLIA d'altro.. altri nomi, altre genti, altre lingue, altri LUOGHI.. Mekong, Yangtze, Fiume delle Perle, Xishuangbanna... a un passo dal Tibet, a un passo dal Myanmar, a un passo dall'Indocina. È anche un'altra storia, è anche un'altra Cina. Lo spero.

Nella foto: risaie a terrazza nella regione del Xishuangbanna (Yunnan)

domenica 13 gennaio 2008

Operazione simpatia


Questa notizia (anche in italiano) risale all'8 gennaio e riguarda un problema analogo a quello che sta accadendo in questi giorni in Italia, quello dei rifiuti. Quì però la notizia vera è che nelle proteste c'è scappato il morto. Molto (ma molto) stranamente, la notizia è riuscita a trapelare e anche quà se n'è parlato nei giornali e nei censuratissimi blog nazionali. Evidentemente la Cina ci tiene a tenere alta la reputazione del proprio esercito in vista delle Olimpiadi e quando può cerca di tracciare una distinzione tra poliziotti buoni da poliziotti cattivi. Spero tanto che ci sia davvero una differenza ma mi è difficile saperlo con chiarezza. Quì a Pechino ci sono attori sorridenti che recitano per i turisti (a proposito di attori, su CCTV1 la fiction sulla Polizia del Popolo - omologo delle nostre "Distretto di Polizia" e "Carabinieri" - è seguitissima!).

Quello che segue è invece la trascrizione del dialogo del mio libro di testo su cui ho dato l'esame orale il giorno 10 gennaio 2008.


有困难找民警

A: 街上到处都写着“有困难找民警”你找过民警吗?

B: 没有

A: 昨天我在街上遇到一件事,我很感动。

B: 什么事?

A: 在一个十字路口,我看见一对老夫妻,看样子是从农村来的。他们要过马路,但是在路口等了半天,也没敢过来。这时,民警发现了,就立即跑了过去,他让来往的车都先停下来,然后扶着这两位老人,就像扶着自己的父母一样,一步一步的走过来。看过这种情景,我很感动。

B: 这是警察应该做的事,有什么可感动的?

A: 可是,在我们那儿,还常常发生警察打人的事。

B: 我觉得中国的警察还是不错的。我有个同学,去年秋天去重庆旅行,不小心把钱包和护照都丢了。身上一分钱也没有了,非常着急。正在不知道怎么办的时候,他想到“有困难找民警”的句话,就去找民警。民警为他安排了住的地方,还借给她钱买了回北京的机票,又开车把他送到机场。

A: 真的?

B: 当然是真的!我还在报上看到这样一件事:一个四五岁的小男孩儿把球滚到大街上去了。他要跑过去拿,被警察看见了。警察就帮孩子把球捡了回来,然后把小男孩儿抱到路边。孩子所了一声“谢谢叔叔“,刚要走,又回来对警察说“叔叔,我的鞋带儿开了。”说这就把小脚伸到警察面前,警察笑着弯下腰去,给孩子把鞋带儿系好。这是孩子的妈妈也跑了过来,看过这种情景,感动得不知道说什么好。


Se sei in difficoltà, chiama la Polizia

A: Ovunque per la strada c’è scritto “se sei in difficoltà, chiama la Polizia”, tu hai mai avuto bisogno di chiamarla?

B: No, mai.

A: Ieri per strada mi sono imbattuto in una situazione che mi ha un po’ toccato.

B: Che cosa?

A: In un incrocio, ho visto una coppia di anziani, marito e moglie. A guardarli, sembravano venire dalla campagna. Volevano attraversare la strada, ma dopo aver atteso un’eternità all’incrocio, ancora non si decidevano ad attraversare. A questo punto, un poliziotto è corso immediatamente verso di loro, ha fermato le macchine che vedeva arrivare e ha aiutato la coppia di anziani ad attraversare, sorreggendoli, passo per passo, come fossero i suoi genitori. Guardando questa scena, sono rimasto davvero commosso.

B: Questo è quello che la Polizia dovrebbe fare, cosa c’è di strano in tutto ciò?

A: È che, nel nostro Paese (in Cina, ndr), accade ancora molto spesso che la Polizia picchi la gente.

B: Io penso che invece la Polizia cinese si comporti bene con la gente. Un mio compagno di classe nell’autunno dello scorso anno è andato in viaggio a Chong Qing e, distrattamente, ha perso portafogli e passaporto. Non aveva nemmeno un centesimo addosso, si è fatto prendere dall’ansia. Quando proprio non sapeva come fare, si è ricordato della frase “se sei in difficoltà, chiama la Polizia”, ed è andato subito a cercarla. La Polizia per lui ha provveduto a fornirgli un posto dove stare, gli ha prestato i soldi per comprare un biglietto aereo di ritorno a Beijing e il giorno della partenza lo ha riaccompagnato all’aeroporto.

A: Davvero?

B: Certamente! Sul giornale ho anche trovato quest’altra storia: un bambino di 4-5 anni stava giocando con il pallone quando questo gli è finito nella strada. Voleva correre subito a riprenderlo, ma un poliziotto lo ha visto. Il poliziotto è andato a riprendergli il pallone, poi ha preso il bambino e lo ha portato in braccio fino al bordo della strada. Il bimbo gli ha detto “Grazie, zio”. Quando poi stava per andarsene, ecco il bambino tornare indietro e chiedere al poliziotto “Zio, la mia scarpa è slacciata”. A queste parole, il poliziotto prende il piede del piccolo e gli allaccia la scarpa. Alla fine arriva anche la mamma del bambino, correndo. Guardando quella scena, era così emozionata che non ha avuto parole per ringraziare il poliziotto.


Niente da dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio. O meglio, la Cina cambia, ma un pò di schifo ancora rimane. La cosa confortante è che almeno, qualcuno inizia a fare un pò di autocritica.

Certo è una critica di facciata, un qualcosa di prevedibile per rendere meno "univoco" il pensiero Unico e dare davvero l'impressione di vivere in un Paese civile. L'evidenza dei fatti e l'accessibilità alle informazioni (internet, per quanto censurata) costringe il Ministero della Propaganda ad ammettere che non tutto è glorioso, anche se poi, ti direbbero, davvero poco ci manca!

A volte - però - mi meraviglio di vedere come il mio libro affronta temi delicati e scottanti (Mao Zedong, Deng Xiaoping, la polizia cinese, la rivoluzione, la "liberazione" dai nazionalisti del Kuomitang), concedendo più verità di quella che verrebbe raccontata alla maggioranza dei cinesi.

C'è da dire - infatti - che questa è roba impacchettata a dovere per i nasoni occidentali come me (venuti da un mondo un pò più informato di questo) e per gente "razionale" che vive nelle città. Non mi meraviglierei se nelle edizioni "locali" del Quotidiano del Popolo al posto di questa notizia ci fosse davvero quella della mamma che si commuove perchè il poliziotto raccoglie il pallone al suo bimbo (e gli allaccia le scarpe!).

A valutare notizie buone e brutte quando si leggono giornali cinesi sembra che ogni giorno gli abitanti di questo Paese hanno proprio avuto un culo tremendo ad esser nati quà. Di certo, però, noi italiani non ce la passiamo poi tanto meglio.


Nella foto: Polizia del Popolo a Tiananmen.

sabato 12 gennaio 2008

HanJià


Gli esami sono terminati, da oggi iniziano ufficialmente le HanJia, le vacanze invernali, la festività più importante della Cina che segna l'inizio del nuovo anno Lunare. Magari, vedendo festeggiare anche i cinesi, mi accorgerò anch'io di aver cambiato anno.. per ora faccio piuttosto fatica a rendermi conto che siamo (già) nel 2008! Sarà che il "nostro" capodanno, quest'anno, l'ho vissuto un pò sottotono, una situazione tanto surreale quanto particolare tra calendario scolastico (giustamente) adeguato alle festività cinesi, esami alle porte e preoccupazioni varie per il DOPO. E ora mi trovo esattamente in quel dopo. Magari non c'è nessuna preoccupazione, mi sto semplicemente facendo un sacco di problemi quando invece dovrei godermi di più il momento e - soprattutto - il meritato riposo.
Il 15 di questo mese mi scade l'affitto in questo carissimo buco, non so ancora cosa fare, se vale la pena restare quà o trovare qualcosa di meglio ad un prezzo ragionevole. Vabbè, prima mi lamentavo tanto e forse ancora mi lamento, però cercare un altro posto (come lo voglio io!) significherebbe di nuovo perdite di tempo, pazienza, nervi e soldi. E non è detto che riesca a trovarlo.
Non so se sarò in grado di affrontare di nuovo queste rotture, magari mi basterà estendere la mia permanenza quì fino a luglio per togliermi dalla testa metà dei pensieri.. tanto ormai mi sono abituato a vivere come un puffo..
E poi le Hanjià.. Si pensava allo Yunnan ("a sud delle nuvole"), terra bellissima e sconosciuta ai più ma ugualmente battuta dal turismo "di massa", in un altopiano tra Tibet e Vietnam... magari è niente di particolare per l'aspirante sinologo ma comunque un passettino in avanti rispetto alle precedenti Xi'An, Shanghai, Hangzhou, Suzhou..
Si pensava allo Yunnan sì, ma ancora non si è deciso nulla. Se ne doveva parlare stasera alla cena di classe, ma alla fine l'abbiamo buttata a barzelletta delle donne che mangiano i gelati (che detta in cinese ha il suo porco fascino) e karaoke. Ma soprattutto alla barzelletta. Quella alla fine l'hanno capita tutti (spero).
Per lo Yunnan invece, ancora altomare.
Chi parte? quando si parte? treno o aereo? chi parte insieme a me (prima)? chi mi raggiunge (dopo)? come ci si arriva? dove si va? dove compro i biglietti? dove si dorme? come lo riempio un mese? come si torna???? Domande stupide, banali se si viaggia da soli. Se si viaggia con altri invece è ora di mettersi a pensare pure a questo perchè inizia ad essere tardi per tutto e più passa il tempo più ci si lascia scappare le occasioni migliori.. qualunque cosa esse siano, non so nemmeno io di cosa sto parlando, non credo di dover prenotare qualche ostello, hotel o buco che sia oppure organizzare il viaggio nei minimi dettagli, però vorrei avere le idee chiare per quanto possibile.

Stasera, dai vetri oscurati della camionetta-abusiva-taxi che ci portava nel bellissimo ristorante koreano ho visto una fila interminabile di persone alla biglietteria dei treni vicino alla scuola. Probabilmente tutti cinesi. Bravi bravi, tutti in fila indiana ad aspettare il proprio turno.
In maggior parte - suppongo - studenti universitari e operai dei tanti cantieri sparsi per la città che tornano a casa dopo un anno di permanenza nella Capitale. Okay, vada per l'aereo. Ora spero solo che i prezzi da Ryanair delle compagnie cinesi non abbia attratto (troppi) ricconi orientali o Laowai come me catapultati quà per studio o lavoro, sennò anche per l'aeroporto non saprei che situazione aspettarmi.. di certo questo è il peggior periodo per spostarsi in Cina, ma tanto è, io mi trovo quà e non vorrei lasciarmi scappare un'occasione per dare un'occhiata in più a questo immenso Paese.

p.s.
Le immancabili dal karaoke (quelle che, quando ci vai, ormai già le sai.. :-)
... ma quanto è utile il karaoke per imparare il cinese!!

p.p.s.
cacchio! Ci mancava la Heineken falsa! Per poco non mi avvelenavo di nuovo!

A presto per nuovi aggiornamenti!

Nella foto: la più grande contraddizione di questo Paese prima dell'Epifania. Che tutte le feste si porta via. (Copertina "The Economist")

mercoledì 9 gennaio 2008

Esame orale


e anche questa è andata

Quando tutto va male... (2)



Quando tutto va male e le cose non potrebbero far altro che andare peggio..
.. esce fuori la Nutella (+)
.... l'esame per l'HSK di un mese fa è andato bene (++)
...... l'esame orale di stamattina è andato bene (+++)

non mi monto la testa perchè so che verrei punito in qualche modo!

p.s. sono ancora a metà degli esami di fine semestre, i primi due giorni sono passati. Restano domani e dopodomani, poi finalmente avrò il mio meritato riposo!

JIA YOU!!!!

martedì 8 gennaio 2008

Quando tutto va male..

Quando tutto va male.. le cose non possono far altro che andar peggio!
Oggi sto di merda, come un cinese. Magari come un cinese rivoluzionario, ma pur sempre di merda. Loro lo facevano di proposito, fiduciosi nel Grande Timoniere in attesa di tempi migliori.

Io ancora non mi spiego come è potuto succedere. Il "mio vecchio mondo" è andato in crash due giorni fa, memoria del computer cancellata e montagne di file buttati al cesso. Probabilmente era tutta robaccia, però era roba mia e un pò mi scoccia dover ricominciare tutto da capo. Per poco non perdevo pure le foto! Ora recupero quel poco che si può recuperare, magari a casa c'è la sorpresina e mi ritrovo qualcosa salvato da qualche parte ma nel frattempo di quà ci stanno pure gli esami di mezzo..
File, documenti, fogli di testo... è roba che nemmeno si tocca... software.. ma è quanto basta per avere un sonno più che normalmente disturbato da vigilia del primo giorno di esame!

e domani c'è l'orale!


Ne verrò fuori prima o poi, ma da quì è ancora buia la faccenda..


加油!!!!

Nella foto: Propaganda cinese "DISTRUGGIAMO IL MONDO VECCHIO! COSTRUIAMO UN MONDO NUOVO!"

venerdì 4 gennaio 2008

2008


Beijing, 31 dicembre 2007

Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese viene "sorpreso" dalla TV nazionale a far visita ai meno abbienti della vicina Tianjin e a far promesse di una vita migliore.

Poco più tardi, chuppie patinati e nasoni occidentali popoleranno le vie del divertimento di un lunedì sera meno qualunque del solito in cerca di una festa.
Ci sarà traffico da weekend e un freddo allucinante. E magari anche tanto baccano per niente.

Vicino Tiananmen, migliaia di cinesi saranno felicissimi di sventolare le loro bandierine rosse in diretta nazionale su CCTV5, il canale dello Sport.

Mezzo miliardo di persone starà guardando i loro sorrisi sulle note di "We are ready". CCTV5 starà per diventare Olympic Channel proprio quando mezzo miliardo di persone dello stesso Paese se ne starà fregando completamente. Perchè è quasi mezzanotte, domani si lavora e comunque sia l'Anno del Maiale deve ancora finire.

Benvenuto 2008!
Domani faccio i conti con calma e vedo se il 2007 è andato bene..


In alto: primi scorci di 2008 dalla finestra della BLCU
Un'ora e mezza dopo sarà 2008 anche in Italia. Ma io vado a nanna che sono veramente stanco.