giovedì 24 gennaio 2008

Macau



A 50 chilometri di mare da Hong Kong, proprio sull'altra riva nel delta del Fiume delle Perle c'è Macau, decadente gioiello portoghese che ancora oggi punta il suo futuro in giochi d'azzardo, casinò, corse automobilistiche, fanatismo religioso e prostituzione.
Niente male.

Traghetto da Hong Kong, controllo passaporti e in un'ora e mezza siamo dall'altra parte del delta, in quell'altra Cina che non è Hong Kong e che non è nemmeno il Guangdong. Macau si spegne lentamente ostinandosi ad essere quella che è stata nel passato e che oggi non ha più motivo di essere: una città goliardica dall'impronta religiosa, senza la fretta dello sviluppo, del progresso e del commercio a tutti i costi.

Strana questa Macau, senza dubbio più tranquilla e vivibile della sua vicina anglosassone. Macau è un'altra Cina, una "Cina Latina" che ha ereditato dal Portogallo non solo la storia ma anche l'anima, la sua cultura, i suoi ritmi, meno pressanti che altrove e più a misura d'uomo. O anche al di sotto. Perchè a Macau la gente sembra ormai abituata ai riflettori della storia che si allontanano, come rassegnata a dover vedere la vita scorrere solo in questo modo, senza fretta, senza grossi affari, senza l'ansia di spennare un occidentale, di dover apparire grande o di dimostrare di esserlo stata nel passato.


Nella foto: il Casinò Grand Lisboa "visto" dalla Fortaleza do Monte

Se in Cina e ad Hong Kong i grattacieli svettano alti in nome del progresso, quì a Macau le uniche costruzioni degne di questo nome sono i casinò. Senza i casinò non ci sarebbe Macau, senza di loro Macau non sarebbe Macau.
All'ombra dei casinò i macaensi abbassano amaramente la testa, consapevoli - da una parte - di quanto lavoro e quanto turismo ha portato da tutto il mondo il gioco d'azzardo ma rassegnati - dall'altra - nel vedere cosa è diventata la loro città dopo anni di illegalità, delinquenza e lotte tra le Triadi...

Di questo ce ne parla (in un ottimo francese) anche Manuel - portoghese nato e cresciuto quà - mentre si gode il tramonto da una piazzetta ancora "portoghese", dietro la quale svetta però - minacciosa - la sagoma del "Grand Lisboa", l'ultimo arrivato tra i Casinò di Stanley Ho. Ci racconta che questo signore è l'unico - a Macau - che ci ha guadagnato davvero dall'industria del divertimento e che grazie ai suoi contatti con la mafia ha praticamente in mano la città, dai casinò al mercato immobiliare, dalla politica all'informazione. Lionel resta parecchio impressionato. Io che sono italiano non ci faccio caso più di tanto. Poi lo rassicuro "Ma guarda che non è poi così strano... ".
Ci saluta suggerendoci "Da Armando", un dignitoso ristorantino macaense dove c'è comida boa por un preço justo. Alla fine dei quattro giorni a Macau riusciremo a trovarlo.

Ancora oggi, malgrado la mania del gioco non più in voga come un tempo, a Macau si continua a costruire casinò, sempre più alti, sempre più luccicanti (e sempre più orrendi), magari nell'allettante prospettiva di attrarre i nuovi ricchi dalla Cina continentale. A me questa dei casinò è sembrata una situazione un pò sovradimensionata, come se - nonostante le tante alternative - Macau sia destinata a dover perseverare la stessa strada, fatta di un relitto del passato che continua ad esser considerato come punta di diamante dell'economia dell'ex colonia, come se non ci fosse altra alternativa che questa.



Che bella invece l'altra Macau, lontana dai casinò sempre più luccicanti ma sempre più vuoti, la Macau storica, figlia del Portogallo di un altro tempo..
Ancora oggi Macau somiglia molto a Lisbona, con i marciapiedi e le piazze lastricate di sampietrini, con le chiese barocche, i nomi delle vie e dei vicoli scritti sugli azulejos, la religione presente ovunque, anche (e soprattutto) quella locale, resistita o mescolata al Cristianesimo, portato a forza dall'Europa. Anche in questo Macau è profondamente diversa da Hong Kong.





Quì vi approdarono numerosi evangelizzatori della Cina, tra cui il mio conterraneo Matteo Ricci, un Missionario Gesuita maceratese finito per diventare Mandarino alla Corte Imperiale di Pechino, imparando la lingua e i caratteri e adattando la religione cristiana, le arti e le scienze europee alla visione del mondo orientale del tempo. E' ammirevole sapere che ciò è successo cinquecento anni fa.

Non condivido l'attuale necessità di "evangelizzare" popoli che hanno già un loro culto, nato dalla visione ed interpretazione del loro mondo circostante, ma comprendo l'importanza che poteva avere un tempo la religione e le "ragioni" della Chiesa nell'Europa dell'epoca, soprattutto in Portogallo. Inoltre apprezzo appieno gli sforzi fatti da Padre Matteo Ricci nel suo lavoro di comprensione e mediazione culturale tra due universi allora sconosciuti.





E poi ancora i ristoranti (quì chiamati establecimientos de comida), le insegne portoghesi dei negozi, gli incensi fumanti ad ogni ora del giorno davanti ad ogni casa e attività commerciale, il vino portoghese in vendita nei supermercati, le auto dal gusto kitsch, tutte truccate e "personalizzate", la cucina portoghese.. Davvero una bella sorpresa Macau, un ritorno alla bella Europa dopo cinque mesi vissuti in una Cina sempre più diversa dal suo passato e sempre più uguale al resto del mondo.


Sopra: aperitivo per strada con vinho tinto portoghese



Pranzo "da Armando", anche lui portoghese nato quì a Macau e poi vìa, in autobus, verso la "Frontera". Da quì non ci sono collegamenti diretti con lo Yunnan, decidiamo di tornare a Guangzhou (Canton), da cui prenderemo un treno per Guilin o Kunming..


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