giovedì 20 marzo 2008

Fuoco sul tetto

Lhasa, marzo 2008.
La folla protesta, l'esercito spara, il mondo sta a guardare.
Per un attimo ho pensato davvero che qualcosa sarebbe potuto cambiare, che la storia avesse potuto prendere un altro corso in questo Paese. Magari a molti - me compreso - è venuto anche da fare paragoni tra quello che è successo in questi giorni a Lhasa e i fatti di vent'anni fa.
Allora il mondo si indignava di fronte a tanta violenza e l'Occidente aveva le palle per dichiarare l'embargo alla vendita di armi alla Cina e condannare le repressioni con una posizione decisa in contrasto con Pechino.
Oggi la situazione non è esattamente la stessa e sarebbe azzardato fare un paragone tra due momenti storici così differenti. Resta comunque interessante (e disarmante) vedere però come il peso internazionale della Cina si sia fatto sentire su questioni nazionali (ed internazionali) rilevanti come questa.

E' calma piatta a Pechino quando scendo dall'aereo che mi riporta Cina. Tremila chilometri più in là, Lhasa brucia ancora e l'esercito di Liberazione continua ad arginare la ribellione tibetana.
A tre mesi dalle Olimpiadi Pechino non vuole problemi di questo genere.
A tre mesi dalle Olimpiadi succede invece che le contraddizioni di un Paese come la Repubblica Popolare Cinese si riversano - premeditate - sul suo apparente ottimismo. Il Tibet è solo una dei tanti scheletri nell'armadio che la Cina non ha avuto né il tempo, né il modo né il coraggio di affrontare in precedenza. Ed ora, più passa il tempo, più è difficile mettere mano alle questioni scottanti maturate da un passato controverso. Perché le Olimpiadi più politicizzate della storia si avvicinano e se i secessionisti tibetani hanno avuto il loro momento d'oro per scatenare la rivolta, è probabile che altri vorranno fare altrettanto nei prossimi mesi.

Sulla cosiddetta "questione tibetana" si potrebbe parlare all'infinito, c'è del vero e c'è del meno vero. Il problema è che la Lhasa di oggi non è la Lhasa di cinquant'anni fa, quando al momento della "Liberazione" e successiva annessione alla nascente "Repubblica Popolare", il Tibet è stato sistematicamente colonizzato dalla Cina in virtù dei rapporti commerciali e culturali tra le due parti nel corso dei secoli.
Il risultato è che la Lhasa di oggi è collegata al resto del Paese grazie a voli giornalieri e treni pressurizzati a 5000 metri di altitudine e la maggioranza della sua popolazione è di etnia Han (compreso il Governatore del Tibet che spiegava in TV le ragioni della repressione). I veri tibetani credo vivano lontano dalle grandi città, nei villaggi sparsi per l'altopiano, ma senza l'appoggio economico della Cina ho paura che abbiano ben poco da augurarsi per il futuro.

Pechino è alle strette e risponde come è sempre solita fare: con una sola voce e azzittendo tutte le altre. La risposta all'immediata emergenza mediatica è stata la censura, soprattutto nei confronti della cosiddetta informazione "indipendente" fatta di blog e videoblog (Youtube per primo), mentre i giornalisti stranieri sono stati espulsi dalla provincia, in attesa di trovare una soluzione migliore.
Nel frattempo a Lhasa si contano i morti, si tracciano bilanci, si emanano sentenze.
Da qualche altra parte nel mondo invece succedono cose strane.. succede che la comunità internazionale si divide tra chi sottoscrive totalmente in nome dello sport (???) e chi invece annuncia di prendere "provvedimenti adeguati" che non compromettano però il servilismo a novanta gradi nei confronti della Cina. Poi succede anche che l'Onu ignora le richieste di aiuto e di intervento di ogni tipo da parte del popolo tibetano (e dei suoi rappresentanti in esilio in India) e che il Vaticano temporeggia silenziosamente voltando lo sguardo dall'altra parte..

Gli errori del passato continuano a minare i possibili scenari futuri della politica cinese, senza lasciare spazio a possibili sorprese o alternative. Nessuno osa mettere in discussione la maggior parte dei princìpi comunisti nati da un passato che non è concesso rinnegare. Per questo ancora oggi cambiano i tempi ma non i metodi, la Cina è sempre quella delle Mascotte Olimpiche che ti accolgono festose in ogni angolo della Capitale ma è anche la stessa che non sa fare a meno di rinchiudersi nel suo guscio alla prima occasione, senza permettere agli stranieri di ficcare il naso negli affari propri.
Anche per questo la Cina non è pronta alle Olimpiadi, perchè è improponibile affidare l'organizzazione di un evento così importante ad un Paese che non offre garanzie adeguate sulla sicurezza. Lasciare le cose come stanno è certamente da ipocriti, il Tibet non merita certo di restare una provincia cinese ma è difficile poter immaginare una soluzione diversa da questa, perché il Tibet è oramai Cina, perché la Cina è una sola, perché se il Tibet ottenesse l'indipendenza ci sarebbero altre questioni pronte a presentare il conto con metodi analoghi a quelli di Lhasa.
Questo, di certo, Pechino lo sa.

La folla protesta, l'esercito spara, il mondo sta a guardare.
Per un attimo ho pensato che davvero qualcosa sarebbe potuto cambiare, che l'ONU sarebbe intervenuta in qualche modo, che il Dalai Lama avesse incontrato i leader cinesi, che la Cina sarebbe cambiata.. ma chi glielo avrebbe detto alla Nike o all'Adidas se le Olimpiadi quest'anno non le avessero più fatte?

3 Comments:

Anonimo said...

Io sinceramente ritengo ASSURDO anche solo pensare di boicottare le Olimpiadi. 1)I problemi tra il Tibet e la Cina risalgono a decenni fa 2) si sapeva che il Paese del Dragone non è mai stato al primo posto della classifica delle libertà e dei diritti umani 3)boicottare le Olimpiadi significa boicottare il mondo INTERO non solo la Cina o il governo di Pechino..... AL MASSIMO ci si doveva pensare prima... a NON concederle--- ma ormai siamo lì.
E poi, sì, non c'è ombra di dubbio, il Tibet senza la Cina sarebbe una terra persa in questo momento.
La questione qui è una questione di DIRITTI E LIBERTà e di certo, per quanto possiamo criticare e sperare un cambiamento, NON SIAMO NOI CHE POSSIAMO ESPORTARE IL NOSTRO MODELLO. FIN dall'inizio ho saputo che non sarebbe cambiato nulla, nonostante l'indignazione...ma so anche che la Cina è così, e rispetto i suoi tempi e le sue scelte.

Anonimo said...

Se il Tibet non diventerò una zona smilitarizzata a livello nucleare, tra meno di 10 anni, ci sarà una geurra terribile, poiché la Cina controlando il Tibet ne controlla i fiumi e potrà assetare sia il Vietnam, il Mekong nasce in Tibet che l'India su cui ha oltretutto già mire espanionistiche sullo stato del'Arnucahal Pradesh

Gianluigi said...

Niente da aggiungere, solo complimenti per l'oggettività con la quale hai scritto questo post, è bello leggere pareri lucidi come il tuo su una questione delicata ed inflazionata come quella tibetana degli ultimi periodi.