martedì 10 giugno 2008

Studiare il cinese (2)



[...continua]
Oggi vedo un altro mondo, alienante e perfino irritante, dove cappuccino e spaghetti sono serviti quasi ovunque, hamburger e beer-pong fanno la felicità degli americani lontani da casa e le multinazionali come McDonalds e Starbucks si trasformano in vetrine (o zoo?) del modo di vivere occidentale.

Ogni volta che mi sento rivolgere la parola in inglese da commessi dei negozi e studenti di lingue (leggi: "inglese") all'università penso a come poteva essere bello o per lo meno affascinante vivere qui a Pechino, una città completamente diversa da quella che mi si para davanti ogni giorno, e dove si poteva abbinare una (davvero) insolita esperienza di studio alle difficoltà nella vita di tutti i giorni.
Io studentello che arrivo qui con tutte le più buone intenzioni mi ritrovo invece in un mondo che la mattina segue corsi di inglese sulla TV nazionale direttamente da Jing Jing, una delle cinque mascotte olimpiche.
Un popolo che prende lezioni di inglese da un panda.


Credo di essere già da qualche anno in grado di ordinare del cibo al ristorante cinese, sia col ben collaudato "metodo del dito" ("这个,这个,那个" "questo, questo, quello") che senza, ed è per questo che mi urto "come una donna in quei giorni" se vengo accolto con un bel "welcome, can I help you?" quando mi trovo in piena zona universitaria.
Ora, da studente di cinese quale io sono, non ho mai aspirato né ci tengo a diventare un vero cinese in tutto e per tutto: uno che si alza prestissimo la mattina per mangiare in strada baozi e youtiao a colazione, uno che gironzola sotto casa col pigiama o che tira fuori catarri gratuiti di fronte ad altra gente.. Però non vorrei neppure avere la vita troppo facile, sennò tanto valeva restare a casa.

Resto mio malgrado un semi-disadattato che fa colazione di fretta con un passabile Nescafè e non perde l'occasione di togliersi uno sfizio preparando un piatto di pasta a casa di amici quando è festa.
Perchè in fondo, resto in tutto e per tutto un italiano.


P.S. ripensandoci ora.. quella volta che avrei avuto bisogno di aiuto per aprire un conto corrente bancario - però - davvero mi sono chiesto dove cazzo fossero finiti quei cinesi rompiballe che mi sfoggiano gratuitamente il loro inglese QUANDO MENO NE HO BISOGNO.


Nella foto: un'altra occasione in cui sarebbe utile avere una traduzione in inglese. "Vietato defecare in questo bagno" dice l'insegna. "Multa di 20 euro ai trasgressori". 小心!

3 Comments:

Maio said...

eheh, immagino che sia una situazione che dà un po' sui nervi. ma questo è quello che vedo se giro per sanlitun, mi sento fortunato a vivere in una zona dove se metto il piede fuori dal dormitorio NESSUNO parla una parola di inglese. l'altro giorno per comprare la ricarica del telefono sono rimasto imbambolato davanti ad una domanda di cui non sapevo la risposta, interviene un'altra nell'edicola e mi fa: "china mobile? " e io le dico che va bene... l'altra con ammirazione allora le chiede come si fa a trattare con questi zozzi waiguoren e convengono allora che dire "china mobile" è la risposta a tutti i mali! ma qui è così, neanche la mia insegnante spiccica una parola, ai suoi tempi i cinesi studiavano il russo, e così per il supermarket e tutto il resto. Forse è anche per questo che sento di voler bene a questa zona di Beijing in cui mi sono trovato a trascorrere un po' di tempo... ehheh

Unknown said...

il problema è che anche dove siamo noi, a chilometri e chilometri da Sanlitun, c'è sempre più gente che per noi si impara le lingue di mezzo mondo come al Silk Market..

Qualche settimana fa sono stato per la prima (e ultima) volta in quel nuovo centro commerciale attaccato alla stazione della metropolitana.
Al ristorante greco c'era una commessa che mi ha accolto con un inglese invidiabile..
ma io dico.. siamo qui per studiare, sennò il cinese ce lo studiavamo a casa, no?
e poi... troppe lucine, troppa moda.. mi sa un che di troppo facile.
Credo di essere stato vicino al culo della Cina qualche mese fa, sotto le Hanjia, ma di certo a Pechino quest'atmosfera di paese straniero svanisce nel nulla, come se non fossimo mai partiti davvero.

Rimpiango con nostalgia anche la bettola che faceva jiaozi da diarrea alla BLCU
(e il menù era solo in cinese! come dovrebbe essere..)

Anonimo said...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu