martedì 20 maggio 2008

Mondi paralleli


E' peggio di quel che sembrava. La sensazione è di aver sottovalutato una tragedia più grave del previsto. Da una settimana ormai in Cina non si parla d'altro: TV, radio, internet, tutti sono incentrati con gli stessi discorsi, le stesse informazioni, le stesse immagini sulla tragedia del terremoto di Wenchuan, nel Sichuan. Ma non poteva essere altrimenti. Un paese pronto alle Olimpiadi non dovrebbe avere tragedie da settantamila morti. Non è giusto.

Il ritorno economico di tanto sviluppo è nullo se poi non lo si restituisce in qualche modo alla comunità. Come chi fa la guerra a casa degli altri senza curare i propri malati. Come chi manda uomini nello spazio senza mandare a scuola i propri figli. Come chi passa ore in un salone di bellezza senza indossare la cintura di sicurezza quando poi viaggia in auto.
Non posso non pensare a questo quando poi mi trovo a vivere a Pechino, una città surreale appartenente allo stesso Paese, il perfetto opposto, impeccabile nei suoi particolari che vengono sistemati e ritoccati per adattarsi alle esigenze dell'uomo bianco occidentale. Ad ogni ora del giorno e della notte la città è un immenso, continuo cantiere che non dorme ma ripara, scava, costruisce.. inutilmente e senza sosta. Il vecchio che fa spazio al nuovo; il nuovo che rimpiazza il semi-nuovo.

Strade percorribilissime vengono riasfaltate con uno strato più nero, mattoni verdi e gialli dei marciapiedi sostituiscono altrettanti in buono stato solo perchè grigi e messi in posa qualche anno prima, chilometri di aiuole infiorate a cinque cerchi costeggiano gli anelli delle tangenziali urbane e non solo. E' per questo che si buttano al cesso (pardon, "spendono") soldi, risparmiandone altrettanti dove ce ne sarebbe bisogno: per vestire Pechino col migliore dei costumi, per creare l'illusione che tutto sia grandioso, eccezionale, speciale. E soprattutto, per creare una cornice degna di queste assillanti Olimpiadi, che chiunque ormai non vede l'ora che arrivino, che passino, che abbiano quel cazzo di augurato ritorno economico che gli sponsor si aspettano da anni.

Qualche migliaio di chilometri più in là invece molte strade sono ancora impercorribili, sbarrate dal fango delle frane e dalle macerie dei palazzi, sbriciolati come castelli di sabbia al sole. Di soldi per costruire case e scuole antisismiche non ce ne sono, magari ce ne sono stati qualche anno fà, ma li hanno utilizzati per realizzare soluzioni più economiche. Questo di certo la TV non lo dice.

E' angosciante vedere questo Paese cadere nel dramma di sè stesso, un terremoto ammazza migliaia e migliaia di persone esattamente come poteva accadere (anche dalle nostre parti) 50, 70, 100 anni fà.
Non è cambiato niente, non si è compreso niente, non si è badato a proteggere la gente, a costruire secondo una logica che di certo non è una novità da queste parti, a prevedere un futuro più sicuro, un Paese più sviluppato (se è questo che vuole dimostrare la Cina con il suo boom economico) per il proprio popolo - tutto - anche se questo non deve accogliere le Olimpiadi, anche se questo vive alla periferia di quell'universo che è la Capitale.

Alla TV rimbalzano in continuazione le immagini provenienti dalle zone del disastro, con un'invasività perfino irritante. La visita delle maggiori cariche dello Stato si alterna a servizi giornalistici più o meno "necessari" che raccontano notizie, fatti e storie non senza inseguire lo scoop a tutti i costi, le lacrime di una madre che ha appena perso il figlio, lo svenimento di un soccorritore mentre lo stavano intervistando, la morte in diretta di un sopravvissuto appena estratto dalle macerie, il tutto, infarcito da una triste melodia in sottofondo. In questo Paese la pornografia è severamente vietata ma in TV si vede passare davvero di tutto. Troppo.

Le case distrutte, i soccorritori che spostano a mano blocchi di cemento delle facciate dei palazzi, mattoni rossi non ancora frantumati, secchi di detriti, corpi interi o parti di essi. Uno ad uno, settantamila è una cifra spaventosa. Penso ai soccorritori, a quello che hanno potuto trovare, a cosa hanno visto i loro occhi, alla polvere che hanno respirato, alle grida della gente, l'aria nauseabonda dei corpi in putrefazione, il fumo di quelli bruciati, l'agitazione, i nervi saldi, il vomito che non trattieni alla visione di tanti cadaveri, la distruzione, la stanchezza, la rassegnazione e la disperazione. Penso a loro, a chi è sopravvissuto, a chi sopravviverà senza poter vedere, lavorare o camminare, ai bambini che hanno visto la morte in faccia all'improvviso, al loro futuro, al loro modo di vedere il mondo.

Penso a come potranno ricominciare a vivere, mi domando quando verranno dimenticate le immagini del terremoto, quando verranno portati via tutti i detriti che la memoria richiamerà subito a questi giorni. Di promesse e frasi forti ce ne sono state in abbondanza, uomini importanti si sono mescolati alla folla pronunciandole da un megafono: appelli all'unità nazionale, alla solidarietà, alla determinazione nell'andare avanti e a tutti i costi.
Ora più che mai la Cina è unita nella tragedia. Il pensiero maligno di una propaganda nazionalista mi sarà anche passato per la testa, ma probabilmente è di questo che la Cina ha bisogno in queste ore: più della fiamma olimpica che sta attraversando in questi giorni il Paese, più dell'avversione alla Francia e ai media occidentali predicata da folle di nazionalisti estremi, più dell'orgoglio che riunisce un miracolo economico (nel bene o nel male) sotto la stessa bandiera rossa, ora il collante di un miliardo e più di persone è la tragedia che ha portato con sè il violento terremoto.

19 maggio, ore 14.28 del pomeriggio, la Cina si ferma. Le sirene suonano in tutto il Paese per tre minuti consecutivi. Scuole, uffici, piazze, luoghi pubblici, tutto si ferma in segno di lutto.
Da Wenchuan a Pechino, da Shanghai ad Hong Kong e perfino fuori c'è qualcuno che ricorda piangendo le vittime del terremoto.
Per strada, la gente scende dalle proprie auto, in piedi, suona il clacson compostamente, senza pausa, per tre minuti. Un silenziosissimo baccano che mi fa dimenticare tutti i luoghi comuni, le frasi fatte e le accuse contro un Paese che noi occidentali riteniamo non sia in grado di svelare così tanta umanità.


Nella foto: distruzione in Sichuan (foto presa da questo sito)

3 Comments:

Fabi said...

Bellissimo post e bellissime parole.
Complimenti!
Saluti italiani :)

Anonimo said...

Ciao Michele, se posso...mi unisco anch'io al cordoglio che c'è in questo momento.
Una tragedia, che continua a far soffrire, e le tue parole fanno vivere il dramma di questa situazione, portandoci per qualche attimo lì con te.
Grazie

Donna Cannone said...

Ciao Michele, il tuo post è da brivido, non credo di avere parole per commentare. No nvoglio dire banalità. Ti ringrazio per questo articolo, scevro delle ipocrisie dei mass media e dei politici